L’Eurogruppo ha deciso di concedere altro tempo alla diplomazia, per mediare tra posizioni che appaiono ancora inconciliabili. Oggi sarà la giornata giusta?
Non mi preoccupo e non mi scandalizzo se c’è bisogno di discutere, negoziare e dibattere. Siamo dentro una vicenda inedita, una sfida assolutamente unica. C’è bisogno di creatività e di affrontarla con strumenti nuovi. Le cose non si inventano dall’oggi al domani e soprattutto distanze molto forti come quelle che ci sono su questi temi nuovi non si colmano in un attimo. Ricordo che per la crisi precedente, che era meno violenta di questa, ci fu bisogno di quaranta riunioni del Consiglio Europeo prima di arrivare allo sblocco. Ovviamente non penso e mi auguro che non ci sia bisogno di tutto questo tempo ma se anche ci fosse bisogno di due o di tre riunioni del Consiglio Europeo sarebbe assolutamente nella logica delle cose.
Cosa può fare l’Europa? Si può essere ostaggio dell’Olanda?
L’Unione deve fare un passo avanti per riuscire a dare quella risposta che i cittadini di tutta Europa si aspettano, fatta di passi comuni. Stupisce l’intransigenza olandese perché è una intransigenza che l’Olanda non può permettersi alla luce della sua condizione di attore privilegiato del sistema finanziario europeo, che gode dello statuto privilegiato di paradiso fiscale. Ieri anche i tedeschi hanno dato segni profondi di insofferenza. Un atteggiamento così platealmente provocatorio gli olandesi davvero non se lo possono permettere.
Qual è il giusto compromesso che non faccia sentire nessuna Nazione sconfitta?
Il compromesso è il Recovery Fund, con la possibilità di emettere titoli di debito che non comportino mutualizzazione di debiti pregressi. Un Recovery Fund che sia in grado di raccogliere fondi per il futuro con regole che ci consentano una gestione comune. Il vero scontro con l’Olanda è sulla finalità di questo fondo: loro continuano a parlare di elemosina per i sistemi sanitari toccati. In realtà il problema non è quello ma che in tutta Europa ci sarà una recessione che farà aumentare i debiti, aumentare la disoccupazione e crollare l’economia. C’è bisogno di contrastare questa recessione. Il problema non può essere risolto, come dice Hoekstra, mettendo un po’ di soldi per l’emergenza sanitaria. Anche perché quando questi soldi saranno disponibili, non immediatamente, saremo di fronte soprattutto alla questione economica da dover affrontare. Il tema chiave, oltre il metodo, è: non mutualizzazione del debito pregresso ma emissione di debito per il futuro, da gestire insieme. E poi la finalità, che deve chiaramente essere per l’economia. Non è sufficiente un fondo per aiutare i soli sistemi sanitari.
Il MES può essere uno strumento supplementare?
Il MES è uno strumento pieno di soldi. Sarebbe assurdo non utilizzarlo. Certamente non va utilizzato come con la Grecia. In questa vicenda non ci sono colpevoli, non ci sono conti truccati, non ci sono indebitamenti che hanno portato all’arrivo del virus. Oggi la partita è totalmente diversa e quindi il MES va utilizzato come fondo di garanzia, non con i piani di recupero modello greco. Comunque deve essere disponibile. Poi ogni Paese liberamente deciderà. Spero anche che l’Italia non ne abbia bisogno con l’avvio del Recovery Fund. La paura di un MES alla greca è totalmente fuori luogo perché lo scenario è completamente diverso: non stiamo parlando di un singolo paese, c’è mezza Europa colpita e soprattutto non stiamo parlando di colpe legate a riforme mancate ma di un virus che sta toccando tutto il continente.
L’opinione pubblica in Germania è spaccata. Non c’è più un fronte comune contrario.
In Germania le cose si stanno muovendo ma come sempre in Germania le cose si muoveranno se ci sarà un fronte compatto che mette insieme Italia, Francia, Spagna, Belgio e Lussemburgo. Questi sono i Paesi chiave, se stanno uniti sino in fondo anche la Germania si muoverà. L’Italia deve stare assolutamente legata a questa intesa che molto saggiamente Conte e Gualtieri hanno costruito. È molto importante che si sia consolidata anche a Bruxelles con l’intervento comune di Gentiloni e Breton. Trovo inoltre molto saggia l’intervista che oggi ha rilasciato Josep Borrell a Repubblica: è il segno che Italia, Francia e Spagna vanno nella stessa direzione e questa unità d’intenti è più forte del blocco olandese e alla fine convincerà i tedeschi.
Ma l’Italia ha fatto tutti i compiti a casa che doveva?
L’Italia arriva a questa crisi con un debito che è cresciuto nell’ultimo decennio e questo ovviamente non aiuta. Anche alcune scelte recenti, penso in modo particolare a Quota 100, non sono andate nella giusta direzione. Avevano forse ragione i grilli parlanti a dire che “bisogna riparare il tetto quando c’è il sole e non quando piove”: oggi piove e riparare il tetto è difficile se non impossibile. Bisognava avere più attenzione e cautela nel momento in cui si poteva evitare di fare spese che oggettivamente erano poco prudenti. Oggi ci ritroviamo in una situazione in cui il limite è raggiunto e il margine di manovra è molto ridotto
Dell’Italia in Europa si teme di più il vecchio debito o le ultime misure di spesa poco oculate?
Lo storico in verità è una cosa che ci aiuta. Tra tutti i Paesi europei abbiamo dimostrato una capacità di gestire un debito alto che altri non hanno. Il nostro tesoro ha una expertise fuori dal comune nel riuscire a piazzare i titoli del debito pubblico italiano anche in situazioni di grande difficoltà. Questo è oggettivamente un asset. Nonostante gli ultimi cinque anni di “tempo sereno”, con la crisi finanziaria che sostanzialmente è finita nel 2015, un clima politico così teso e frammentato non ha consentito ai governi di evitare una ulteriore crescita del debito, che oggi paghiamo.
Questa crisi come sta cambiando la geopolitica globale?
La geopolitica sta cambiando. Questa è la prima grande crisi post americana, nel senso che gli Stati Uniti sono stati marginali di fronte a questa vicenda e sono stati sempre in rincorsa, nel momento in cui tra l’altro guidano il G7. Da un punto di vista geopolitico questa crisi entra in uno sconvolgimento mondiale impressionante, dobbiamo essere tutti molto attenti. Dobbiamo restare legati alla nostra alleanza europea perché alla fine è quella che ci dà dimensione e sostanza, ci evita di essere una barca sballottata in un oceano più grande di noi.
Manca la presenza di una forte leadership europea?
Siamo in un momento in cui a livello nazionale tutti hanno problemi. La pecora nera sono gli olandesi in questa fase ed è una linea che hanno stabilito dopo la Brexit: il primo ministro olandese ha scelto di posizionare il proprio governo come il “signor no” d’Europa, con l’obiettivo di prendere il posto degli inglesi ed essere la nuova Thatcher, il nuovo Cameron europeo. Secondo me pagherà duramente questa scelta perché non coincide con il sentimento europeista olandese profondo: si vede dalle tante critiche che sta subendo a casa sua. È una decisione che lo sta isolando e alla fine ne pagherà le conseguenze.
Ci sono le condizioni per immaginare in Italia un cambio di governo?
In questo momento bisogna sostenere il quadro politico attuale. L’idea di infilarsi in una crisi di governo è contraddittoria con la situazione di emergenza nella quale siamo. Vanno sostenuti tutti coloro che oggi sono al governo, anche gli Zaia e i Fontana. Sarebbe irresponsabile mettersi a fare giochi politici in una situazione simile.
Ha ripreso a giocare a Subbuteo nelle ultime settimane?
Il subbuteo serve molto in questi momenti. Ho tirato fuori il vecchio panno e ho molto giocato insieme ai figli.