“Se il decreto aprile ha bisogno di più tempo per essere varato è perché contiene misure per un ammontare record di 55 mld di euro”. Lo ha detto il ministro dei rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, intervistato a Radio Anch’io. Sta probabilmente nel sostantivo “record” la chiave di lettura di tutti i pasticci di questo governo. Il presidente del Consiglio in modo particolare ha l’ansia della storia: “In questi giorni ho ripensato ad alcune vecchie letture, a Winston Churchill. Questa è la nostra “ora più buia”. Ma ce la faremo”, ha asserito il 9 marzo. “C’è un appuntamento con la Storia, l’Europa deve dimostrare di essere all’altezza di questa chiamata” ha tuonato il 28 marzo.
Se Conte e i suoi ministri avessero pensato un po’ meno alla storia (stiano sereni, ci sono già, purtroppo) e avessero prestato più attenzione alle richieste dei cittadini, delle famiglie e delle imprese, forse il decreto aprile, annunciato a marzo, avrebbe visto già la luce, magari in due o tre provvedimenti, per andare incontro al bisogno di liquidità degli italiani nel più breve tempo possibile e in modo tempestivo. Invece l’obiettivo è il decreto monstre, in modo che possa essere annunciato come il più grande, articolato, difficile, generoso, lungimirante e ricco di sempre. Forse si farà a maggio. Con la storia però non si pagano le bollette dei negozi rimasti chiusi. Ma per saperlo, oltre a inseguirla, bisognerebbe anche conoscerla. La storia.