La Federazione Italiana Pallacanestro ha deciso di fermare i campionati, non assegnare titoli e bloccare promozioni e retrocessioni. Non c’erano le condizioni per riprendere i campionati?
Se abbiamo deciso di fermare i campionati è perché evidentemente non si poteva fare diversamente. Molte le considerazioni che abbiamo fatto, mentre mancavano ancora tante giornate alla fine della fase regolare. Inoltre tutte e tre le leghe, di serie A, nazionale e femminile, hanno condiviso le nostre considerazioni e preoccupazioni. Sono state al nostro fianco e hanno permesso al Consiglio Federale, a cui spettava la decisione finale, di deliberare per il meglio. Una decisione che, mi preme dirlo, ha avuto l’appoggio di tutti, tant’è vero che non abbiamo avuto nemmeno una critica dalla stampa.
Come si decide chi parteciperà alle competizioni internazionali il prossimo anno?
È un’indicazione che ci deve venire dalla Lega di Serie A. È fra i suoi compiti. So che ci stanno lavorando e a breve lo sapremo.
Ha parlato di una speciale mascherina sulla quale sta lavorando il Politecnico di Torino che potrebbe consentire agli atleti di respirare durante il gioco. A che punto è la ricerca?
Il Politecnico di Torino ha svolto uno studio sul basket, ma anche sugli altri sport, in funzione del Coronavirus. In questo momento ha ricevuto un incarico da parte nostra che nasce dal fatto che siamo stati i primi a fermarci e vorremmo essere i primi a ricominciare. Il basket è anche playground all’aperto e 3×3. Senza dimenticare i tanti tornei estivi che hanno caratterizzato la storia del nostro sport. Non appena avremo i permessi dal Governo per poter giocare all’aperto noi vogliamo ripartire. L’incarico che abbiamo dato al Politecnico di Torino è di studiare una mascherina che possa essere eventualmente utilizzata giocando all’aperto e che permetta una buona respirazione. È una possibilità che vogliamo verificare per questa estate.
La possibilità di giocare all’aperto è una ipotesi anche per l’attività agonistica?
Noi non dimentichiamo le nostre origini, ma le competizioni ufficiali non si giocheranno all’aperto. Non ci saranno campionati nazionali di 5contro 5 per capirci. Non lo vogliamo noi, per i più diversi motivi, fra cui la sicurezza di pubblico e giocatori, e la FIBA, inoltre, non lo permetterebbe. La FIBA acconsente solo il 3×3 all’aperto come manifestazione ufficiale e ci trova d’accordo.
Il calcio ha seguito una via diversa rispetto agli altri sport. Troppo difficile mettere d’accordo tutti gli interessi che circolano intorno al calcio?
Capisco e rispetto il mondo del calcio. Sono stato Commissario della FIGC per un anno, e commissario degli arbitri per un altro. Oltre ad esserne stato segretario generale per sette anni. È un mondo che posso dire di conoscere. Mi auguro che riparta, ovviamente in sicurezza. Ma la mia posizione è più quella di un tifoso, perché lo sono, che in questo momento aspetta di vedere la propria squadra di nuovo in campo, seguendola in TV.
È credibile la proposta di giocare soltanto nelle regioni con minore indice di contagio?
Non spetta a me dare una risposta. Non vorrei sembrare sgarbato dicendo che non mi riguarda, ma di sicuro non è fra i miei compiti.
Il mondo dello sport è preparato alla possibilità che anche la ripresa della nuova stagione possa essere affrontata senza pubblico?
Direi che la necessità fa virtù. Non credo che i campionati possono stare fermi, e mi riferisco anche al basket, per così tanto tempo. Ne perderemmo in termini di concorrenza con gli altri sport, di rapporti in generale con i media, di sponsorizzazioni e ultimo, ma non ultimo per importanza, non dimentichiamo che la Nazionale a novembre deve tornare in campo
Sarebbe giusto, in caso di porte chiuse, dare la possibilità alle tv di trasmettere in chiaro gli eventi sportivi?
È un problema di contratti che riguarda le leghe. A livello strettamente personale sono favorevole, più basket si vede in televisione, meglio è, più gente si innamora della nostra disciplina.
Meno incassi, meno soldi dai diritti televisivi, meno introiti pubblicitari. Molte società hanno meno risorse per i cartellini: c’è il rischio che in sport come calcio, basket, pallavolo i migliori non verranno più in Italia (vedi caso Zaytsev a Modena). Stavamo invertendo la tendenza negli ultimi anni con l’arrivo di Ronaldo nel calcio e Teodosic nel basket. Il rischio è di un ritorno indietro?
Non credo proprio. La pandemia che stiamo vivendo è un problema globale, non solo italiano o europeo. Siamo nella stessa condizione di tutti i paesi più evoluti nel basket. Anche la Turchia, che in questi anni ha investito tanto nel basket, è ferma. Questo non vuol dire che non ci possa essere qualche contraccolpo nel senso di imprenditori che si possono tirare indietro o ridurre la propria presenza. Penso a quelle aziende, adesso in crisi, i cui titolari penseranno inevitabilmente prima ad operai e produzione e dopo alle sponsorizzazioni sportive.
Cosa pensa delle responsabilità affidata ai medici sociali per l’attuazione dei protocolli di sicurezza?
È una questione su cui è difficile dare un giudizio. È un ambito professionale su cui non ho le sufficienti conoscenze per esprimermi
Se si individua anche un solo tesserato positivo si rischia di fermare tutta la macchina. Si sta mettendo in piedi un gigante con i piedi di argilla?
Posso solo rispondere come il tifoso di alcune domande fa. Per me, ma ripeto parlo da uomo della strada, avrei fatto come si fa in tutta Europa dove un positivo non provoca la quarantena di tutta la squadra e non bloccherebbe il campionato. Devo anche dire però che la decisione spettava, come è giusto che sia, al Ministero della Salute e a tutti gli scienziati che vi collaborano: essi hanno il quadro completo della situazione e hanno preso le decisioni che reputavano più giuste.
Non ha l’impressione che si stia burocratizzando eccessivamente la ripartenza? È un fiorire di protocolli che pretendono di regolare ogni aspetto della vita quotidiana. Non sarebbe meglio, anche per lo sport, un richiamo al buon senso che gli italiani hanno dimostrato di avere?
Queste decisioni appartengono ad una realtà al di sopra del nostro livello. Occorre, come ha fatto il Governo, seguire il parere degli scienziati e degli esperti. Nessuno di noi ha vissuto mai una pandemia. Per quanto mi riguarda, sono stato presidente del CONI per 14 anni, oltre che presidente della FIP. La mia filosofia è che si giochi quanto più è possibile, ma con tutte le sicurezze possibili. Per cui…
Qual è la situazione degli impianti sportivi in Italia? Pochi stadi di calcio sono a norma. Come va per la pallacanestro?
La situazione degli impianti sportivi in assoluto è deficitaria. Sono stato sindaco e so che sono stati anni duri per i comuni. È anche vero che l’Istituto per il Credito Sportivo e il suo presidente Andrea Abodi, che stimo, stanno lavorando per mettere a disposizione di tutte le società fondi per poter realizzare nuovi impianti. Nel basket, per quanto riguarda il vertice, sono a conoscenza che Cantù, Brindisi e Derthona, con l’importante spinta dell’imprenditore Beniamino Gavio, stanno lavorando per nuovi impianti.
Ritiene che ci sia ancora rischio per le Olimpiadi di Tokyo che sono state rimandate al 2021?
Mi auguro di partecipare con la nostra Nazionale ai Giochi Olimpici del prossimo anno. Forse sono stato uno dei primi al mondo a dire che i Giochi andavano rinviati. Ci ho azzeccato e non solo per fortuna, ma anche perché ho vissuto tante edizioni dei Giochi Olimpici. I Giochi non iniziano il giorno della sfilata, ma mesi prima, ad esempio, già con la quarantena dei cavalli. La mia previsione si è attirata reazioni spocchiose. Sinceramente non vorrei riazzeccarci anche perché vorrei accompagnare almeno una delle due nostre Nazionali, maschile e femminile 3×3, che sono ancora in corsa per la qualificazione.
Come si è mossa la FIP per facilitare la ripresa dell’attività anche per chi pratica la pallacanestro in carrozzina?
La pallacanestro in carrozzina non è gestita dalla FIP ma dal Comitato Paralimpico. Avremmo voluto gestirla, ma il presidente del Comitato Paralimpico Luca Pancalli, mio ex vicepresidente al CONI, non ha voluto. Forse per un pizzico di gelosia. Per cui la risposta alla sua domanda la può dare solo Pancalli.
Quest’anno terribile è iniziato nel peggiore dei modi per lo sport, con la perdita il 26 gennaio di Kobe Bryant, uno dei più grandi di sempre, particolarmente legato all’Italia. Cosa ci lascia in eredità “Black Mamba”?
Tanto. Il suo sorriso, l’essere una persona normale nonostante fosse un’atleta eccezionale, l’amore per l’Italia, ma soprattutto l’amore che la gente gli ha mostrato una volta che è scomparso. In tutta la mia lunga carriera non avevo mai visto una cosa del genere. Come dicono i ragazzi Mamba forever.