di Emanuele Raco ed Emma Galli
RACO Molti indicano la costruzione del ponte di Genova o l’Expo di Milano, portati a termine grazie alla nomina di commissari straordinari, come esempio da seguire per la realizzazione delle grandi opere in Italia.
CANTONE Le vicende di Expo sono totalmente diverse da quelle del ponte di Genova. Expo è stata fatta prima del 2016, con una serie di deroghe al precedente codice degli appalti, attraverso un sistema di vigilanza collaborativa che prevedeva la presenza dell’ANAC come controllore di tutti gli atti. Un sistema che è stato indicato come una “best practice” internazionale, anche perché dopo gli scandali che avevano riguardato la vicenda di Expo dimostrò grande trasparenza. Ma è un sistema che non ha affatto derogato al codice: tutti gli appalti furono controllati. Per Genova invece è stato individuato un sistema di deroga assoluto: il commissario straordinario ha sostanzialmente adottato procedure semplificate, con affidamento diretto ai soggetti che dovevano compiere le opere. Ha operato in deroga a tutto il sistema del codice degli appalti.
RACO Il problema sta davvero nel codice degli appalti?
CANTONE Io credo che il problema non sia soltanto il codice degli appalti. Molto spesso nella discussione vengono indicate grandi opere ferme. Per queste opere, in molti casi, gli appalti sono stati aggiudicati e si sono fermate per altre questioni tecniche che riguardano, ad esempio, i fallimenti delle imprese. Che il codice sia oggettivamente problematico non è discutibile. Allo stesso tempo chiedo: perché un sistema che non è in grado di far funzionare l’amministrazione ordinaria dovrebbe diventare super quando utilizza i commissari? Abbiamo avuto tantissime esperienze di commissari nel nostro Paese che hanno dato prove tutt’altro che positive. Trovo non positiva e sbagliata la pratica di utilizzare i commissari in una logica straordinaria. Fermo restando che ci troviamo in una fase particolare, che può prevedere delle deroghe, voglio ricordare che la logica dei commissari non ha portato i vantaggi che qualcuno sta richiamando.
RACO Il codice europeo potrebbe essere la soluzione?
CANTONE Si tratta di un’affermazione molto generica. Che significa codice europeo? Va detto che in tema di appalti pubblici l’Italia deve rispettare le direttive europee perché è una delle materie che rientra nell’ambito del trattato dell’Unione Europea. Nel 2014 sono state fatte le direttive, in seguito alle quali è nato il codice del 2016. È vero che il codice del 2016 è andato molto aldilà delle direttive, ma quando qualcuno chiede di applicare tout court le direttive europee non tiene conto quanto sarebbe difficile applicare criteri che non sono vere e proprie disposizioni specifiche normative ma indicazioni di massima, che infatti hanno avuto bisogno dell’emanazione di un codice.
RACO Ma le sole direttive europee da sole basterebbero?
CANTONE Io non credo. Il vero problema è quello di individuare un codice che sia maggiormente semplice e che non inizi a essere modificato il giorno successivo a quello di emanazione. Il codice del 2016 è stato già emendato nel 2017 in modo robusto e soprattutto è stato oggetto di un intervento che qualcuno ha chiamato “sbloccacantieri” ma in realtà ha creato cunfusione e ha reso quel codice illeggibile. Benissimo le semplificazioni, ma le norme hanno bisogno di tempi per essere anche digerite, non si può pensare che da un giorno all’altro una norma entri in vigore e risolva tutti i problemi. Le norme non hanno capacità di risolvere i problemi, possono al massimo aiutare, ma chi crede che la norma sia “problem solving” pensa una stupidaggine.
GALLI La crisi sanitaria, economica e sociale ha colpito duramente moltissimi paesi, europei e non, tra cui l’Italia. È possibile ipotizzare che la crisi, pur nella sua drammaticità, possa rappresentare un’occasione per l’Italia di affrontare e aggredire alcune delle patologie che tradizionalmente ne rallentano lo sviluppo (complessità e lentezza della burocrazia, eccesso di regolazione, corruzione)?
CANTONE Per mia natura sono sempre ottimista: mi appartiene, soprattutto, l’ottimismo della volontà più che della ragione. Pur nel dramma che il Paese ha vissuto, penso che questa sia una grande occasione. Basta pensare a quanto ognuno di noi abbia dovuto velocissimamente organizzarsi una vita digitale. La rivoluzione digitale che l’Italia è riuscita a fare in questi tre mesi resta un lascito fondamentale. Siamo riusciti a utilizzare il lavoro agile, nonostante fosse un tema evocato da anni nella Pubblica amministrazione. In materia di appalti, grazie alla digitalizzazione delle procedure di gara, le amministrazioni sono molto più efficienti.
GALLI Con quali regole dovrà operare la Pubblica Amministrazione nella gestione della fase di rilancio dell’economia, soprattutto nel settore degli appalti?
CANTONE Il timore è che da settembre dovremo affrontare una situazione economica disastrosa: sento proiezioni economiche che fanno rabbrividire, con un PIL sotto del 9/10%, che vedono l’Italia fanalino di coda non solo in Europa. In questa prospettiva c’è l’esigenza di un intervento pubblico. L’Europa ha messo in campo un intervento economico poderoso. Si tratta di fare la più grande operazione neokeynesiana dalla guerra in poi. Questi soldi dovranno servire non a dare contributi generici a pioggia ma a incentivare le attività economiche. In quest’attività è chiaro che bisognerà individuare meccanismi di semplificazione dell’attività amministrativa. Io auspico che in tema di appalti, in questa fase, siano previsti enormi regole di semplificazione e nello stesso tempo si operi per modificare il codice degli appalti. Il mio auspicio sarebbe quello di prevedere un periodo, fino a giugno 2021, in cui venga prorogato lo stato di emergenza che consenta l’applicazione di norme molto più semplificate in materia di appalti pubblici e lavorare a latere per creare uno strumento di maggiore semplificazione che riguarda il futuro.
GALLI Nonostante il suo ottimismo della volontà, davvero si riuscirà a fare in così poco tempo?
CANTONE Ovviamente dobbiamo stare con i piedi per terra e non pensare che si possa fare in un mese quello che non si è fatto in quarant’anni. Se vogliamo essere concreti penso che in questa fase sarà possibile adottare strumenti semplificatori per gestire questa immissione di danaro pubblico enorme. Stiamo però attenti che questa enorme immissione di danaro non rappresenti un potenziale aumento della corruzione e soprattutto un regalo alle organizzazioni mafiose. Perché tutte le semplificazioni devono fare i conti con questi problemi che non possiamo dimenticare e che rappresentano spesso le occasioni per le mafie di fare affari.
RACO Sia la fase uno che la due sembra caratterizzata da un eccesso di burocrazia da parte dello Stato: regole, protocolli, FAQ, spesso in contraddizione tra loro. Non sarebbe più efficace tracciare delle linee guida da affidare al buon senso – dimostrato – dei cittadini?
CANTONE Una delle conseguenze tipiche della semplificazione è la complicazione. Se guardiamo negli ultimi venti anni tutte le operazioni che avevano come obiettivo la semplificazione hanno finito per complicare. La semplificazione ha bisogno certo di interventi normativi ma che rappresentino una discontinuità. Per leggere i DPCM di questo periodo non basta una laurea in giurisprudenza, bisogna avere un livello di conoscenza elevatissimo: per questo non stiamo affatto semplificando, stiamo complicando. Quella di contare sul senso di responsabilità è una opzione politica condivisibile, ma pongo una questione. Vero che gli italiani in questo periodo si sono comportati bene ma ha inciso comunque il fatto che vi erano meccanismi di controllo e sanzioni? Io non sono sicurissimo che senza questi meccanismi le cose sarebbero andate nello stesso modo.
RACO Come si fa a semplificare allora in Italia? Come vincere l’eccessiva burocrazia?
CANTONE Quando sento parole come semplificazione o sburocratizzazione mi viene da ridere, perché sono parole vuote. Cosa significa sburocratizzare? La burocrazia è l’intermediazione tra l’attività pubblica e quella privata. L’ente pubblico ha bisogno di un soggetto che valuta gli interessi pubblici e quelli privati e adotta un provvedimento. La burocrazia non è possibile eliminarla, non esistono paesi che possono fare a meno della burocrazia. Il problema è quello di cominciare a parlare chiaro, spiegare cosa si può fare e cosa non si può fare, imporre tempi certi delle azioni pubbliche. Pensare che lo Stato possa attribuire disponibilità economiche anche ingenti senza nessuna valutazione da parte della burocrazia, significa affermare qualcosa di impossibile. La legge che stabilisce che io ho diritto a una cifra in base a quali requisiti lo fa? Chi attesta l’esistenza dei requisiti, chi opera la liquidazione di queste somme? Parole come sburocratizzazione e semplificazione rischiano di essere parole al pari di legalità: parole comodissime da pronunciare ma difficilissime da declinare. Infatti chi le pronuncia in questo periodo produce decreti da 400 articoli. Il problema è di stabilire regole semplici e comprensibili, ma questo richiederebbe un altro approccio: scrivere meno e in modo diverso, cambiare le tecniche di normazione. Questo è l’obiettivo della sburocratizzazione: tecniche di normazione comprensibili anche a chi non ha un master in diritto amministrativo.
GALLI L’ammontare consistente di risorse messe a disposizione dall’Ue da un lato e dal governo italiano, da destinare preferibilmente agli investimenti, può alimentare ulteriori atteggiamenti corruttivi?
CANTONE Da cittadini tutti ci auguriamo che non ci sia nessuno che si approfitti dei finanziamenti, in modo particolare la criminalità organizzata. I criteri per fare queste valutazioni sono quelli delle esperienze pregresse e tutti sappiamo che le esperienze pregresse sono state caratterizzate da un abuso dei meccanismi dell’emergenza da parte di persone non corrette. Io abito in Campania e so bene quanto è stato disastroso l’abuso che è stato effettuato dei fondi del terremoto del 1980. Ormai gli studiosi di sociologia ritengono che il cambiamento della camorra tradizionale in camorra imprenditrice sia avvenuto proprio in quella fase storica, con l’utilizzo massiccio dei finanziamenti che venivano dal terremoto del 1980. Ma abbiamo visto in molte altre vicende, anche recenti, come accanto all’emergenza ci sia stato chi ne ha approfittato. È una preoccupazione che si intravede. Perché quanto più vengono semplificate le regole, come è giusto fare seguendo criteri oggettivi, tanto più si dà spazio a chi non ha titoli effettivi. Siamo certi ad esempio che i famosi 600 euro siano stati dati a tutti gli aventi diritto? Stanno arrivando al pettine le prime indagini sul reddito di cittadinanza: sono numeri oggettivamente non elevatissimi, ma abbiamo visto proprio in questi giorni come in Calabria un pezzo rilevante di una cosca di ndrangheta utilizzava il reddito di cittadinanza. Anche questo era stato detto ed anticipato e purtroppo si è verificato. Il rischio della patologia non può rappresentare però una giustificazione per non fare le cose.
GALLI In termini più generali, e quindi non legati alla situazione congiunturale, come valuta gli sforzi di misurazione della corruzione e della trasparenza e di elaborazione degli indicatori del rischio corruttivo ai fini del disegno di politiche di contrasto più mirate per settore e area geografica?
CANTONE Questo è il vero grande tema, su cui l’ANAC ha lavorato: le cosiddette “red flags”. Quando c’è una operazione non chiara le banche la segnalano. Non è detto che tutte le operazioni segnalate siano riciclaggio, anzi è il contrario, lo sono solo una piccolissima parte. Però quel livello di alert che viene sollevato dalle banche rappresenta uno strumento di prevenzione potentissimo e consente agli investigatori di avere materiale molto rilevante. Quel lavoro che stava facendo l’ANAC, che ora si è un po’ fermato, credo a causa della pandemia, è utilissimo: provare a capire quando la semplice analisi di quello che accade evidenzi quegli elementi patologici che consentono di intervenire in tempo, e non quando “le bestie sono ormai uscite dal recinto”. Perché quando i finanziamenti sono stati presi e le società sono fallite, intervenire anche con le misure cautelari rappresenta un atto poco utile, perché il denaro è stato distratto e lo Stato ha già perso quanto doveva. La funzione utile della prevenzione è quella di provare a evitare gli approfittamenti durante la fase in cui certi meccanismi avvengono.
RACO Il CSM vive uno dei periodi più difficili della sua storia e va certamente riformato. Il sorteggio è una opzione da combattere per chi crede nel merito piuttosto che nel fato. Come pensa che debba essere riformato l’organo di autogoverno della magistratura italiana?
CANTONE Dico con grande onestà che non ho le idee chiarissime. Assisto anch’io con grande dispiacere e preoccupazione a quello che sta avvenendo e ovviamente mi pongo l’esigenza che il CSM sia il luogo per eccellenza dove vengono decise le carriere in relazione agli interessi delle Istituzioni e non dei singoli. Il merito è certamente un valore, ma il CSM deve fare le valutazioni che sono nell’interesse del singolo ufficio e del sistema giustizia. Io andrei però molto cauto nel buttare il bambino e l’acqua sporca. Penso anch’io che il sorteggio dia l’idea di una democrazia che non funziona: chi ci dice oggi che oggi non iniziamo con il sorteggio al CSM per arrivare un giorno al sorteggio anche in Parlamento? Bisogna trovare meccanismi di elezione che non siano gestite da logiche di cordata. Come questo però possa attuarsi non è assolutamente semplice.
RACO Cosa dice la sua esperienza?
CANTONE Io ero già magistrato quando si verificò la riforma attuale del CSM che eliminò il precedente sistema che veniva accusato di agevolare le correnti. Quello attualmente in vigore venne presentato come il sistema capace di ridurre il potere delle correnti nel CSM. Purtroppo non è andata così. Io non ho la bacchetta magica. Credo però che su queste vicenda vada fatta molta attenzione. Stiamo attenti a non buttare anche quello che c’è di buono. L’esistenza di un dibattito culturale nella magistratura non è un dato negativo. Se la magistratura nel 1992 è riuscita a condurre a termine un risultato importante come l’indagine su Tangentopoli è perché al suo interno era riuscita a creare un meccanismo di autonomia dalla palitica, che rappresenta un vantaggio non per i magistrati ma per i cittadini. Mi auguro che questa non sia l’occasione per avviare una resa dei conti, dietro lo spettacolo indecente che oggettivamente si sta verificando. Ricordiamo sempre che il vero grande valore della magistratura in Italia è la sua reale indipendenza. Con situazione di possibile patologia, ma una cosa sono le possibili patologie altro è far diventare la patologia fisiologica.
RACO Negli ultimi giorni circolano per redazioni, chat e giornali intercettazioni che coinvolgono molti magistrati e giornalisti. Si è creata, così sembra, una pericolosa saldatura tra due categorie che dovrebbero garantire ai cittadini imparzialità e controllo. Non è questo un ulteriore rischio da eviatere?
CANTONE Anche qui cerchiamo di stare attenti. Si, è vero, c’è un rapporto oggettivamente preoccupante, anche perché c’è qualcuno che ritiene che questo sia lo strumento attraverso il quale si costruiscono le carriere, la famosa immagine del circuito mediatico-giudiziario in cui le indagini vengono amplificate dalla stampa, che alimenta il mito del magistrato per poi consentire eventuali sbocchi di tipo politico. Questa patologia io non nego che esista però l’attenzione che la stampa mette sulle indagini rappresenta uno strumento di controllo formidabile della democrazia. Io propongo da tempo una piccola riforma a costo zero che metterebbe in discussione questo circuito mediatico-giudiziario: il diritto dei giornalisti ad accedere agli atti giudiziari pubblici. Qui c’è una ambiguità di fondo: il giornalista può pubblicare le notizie successive (momento in cui una indagine diventa pubblica) ma non ha il diritto di accesso agli atti. Un giornalista allora come si procura gli atti? Attraverso i suoi rapporti con la polizia giudiziaria, con la magistratura, con gli avvocati. Ovviamente questi rapporti alimentano una situazione di “sudditanza psicologica.
RACO Quale la soluzione?
CANTONE Per rendere la stampa più libera dobbiamo dargli la possibilità di accedere direttamente alle informazioni. In materia di anticorruzione abbiamo creato l’accesso civico generalizzato. Perché non consentire ai giornalisti professionisti, quando viene emessa una misura cautelare che viene resa pubblica, la possibilità – nei limiti del rispetto della riservatezza delle parti – di accedere direttamente agli atti piuttosto di questo fluire di informazioni che spesso crea rapporti privilegiati non solo nei confronti dei magistrati ma spesso anche degli avvocati e degli esponenti della polizia giudiziaria? Questa sarebbe una riforma a costo zero che però non piace a molte persone, né in magistratura, né in polizia, né tra gli avvocati.
GALLI È noto che il contrasto alla corruzione dipende da una serie di fattori, anche molto eterogenei tra loro, ma l’aspetto culturale e le norme sociali prevalenti in un paese o area geografica risultano essere determinanti per la diffusione e la persistenza del fenomeno corruttivo. Gli italiani hanno dimostrato in questo frangente un maggiore fiducia tra concittadini e nelle istituzioni. Possiamo dire che stiamo assistendo, sia pure in maniera molto cauta, a un aumento del capitale sociale nel nostro Paese.
CANTONE Penso di si e che sarebbe un peccato sprecarlo. La storia rappresenta per noi l’unico punto di riferimento per interpretare. Quante volte abbiamo visto queste aperture di fiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni e questo entusiasmo poi accompagnato a grandi delusioni? Per questo dovremmo avere i piedi a terra e aspettare che i risultati si sedimentino. Io penso che questo clima di fiducia sia un grande capitale sociale, ma attenzione: se noi facciamo credere che abbiamo le soluzioni per tutti i problemi, che tutto quello che è avvenuto, che è un disastro di dimensioni colossali, saremo in grado di risolverlo, o manteniamo le promesse in tempi brevi o facciamo crescere il rischio che la fiducia si ribalti in sentimento di sfiducia. Io sono convinto infatti che il carburante principale della corruzione sia la sfiducia.
GALLI Nasce da qui anche la corruzione?
CANTONE Il cittadino comune che decide di utilizzare la strada traversa e quindi pagare una tangente o provare di ottenere un favore, lo fa soprattutto perché non crede che la strada ordinaria gli consentirà di avere quanto gli spetta. Corruttori non solo coloro che cercano di ottenere benefici illeciti ma anche coloro che pensano di avere un diritto e ritengono che chi glielo sta negando lo sta facendo in modo ingiusto. La fiducia rappresenta la benzina principale per creare le condizioni di lealtà in un paese e quindi per sconfiggere la corruzione. Dobbiamo stare molto attenti a non alimentare aspettative che finiscono per creare dopo la fiducia la rassegnazione. Perché la rassegnazione è la condizione psicologica per creare un clima ideale per la corruzione. Questo è il modo per far pensare che tutto sia nero e che nella notte non ci sia nulla che si distingue dal nero.
RACO Ritiene che sia arrivato il momento per realizzare la separazione del ruolo giudicante da quello inquirente con la creazione di due CSM?
CANTONE Su questo ho un approccio laico. Penso che si possa discutere di tutto e non vi sono santuari intoccabili. Piuttosto mi chiedo se è utile la separazione delle carriere. Una delle ragioni maggiormente contrarie all’idea di separare le carriere è l’idea di un pubblico ministero che non rappresenti la cinghia di trasmissione della polizia giudiziaria. In Italia abbiamo un PM che è totalmente diverso da quello di tutti i paesi del mondo perché non è un avvocato della polizia. Da noi il PM, secondo quanto previsto dall’articolo 358 del codice di procedura penale, deve cercare anche le prove a favore dell’imputato, cosa non prevista nella legislazione dei paesi anglosassoni. Questa separazione finirebbe per avere effetti deteriori, finirebbe per rendere il pubblico ministero ancora più autoreferenziale, rispetto a una eventuale autoreferenzialità attuale.
RACO Quindi carriera unica?
CANTONE Una carriera unica, con criteri di distinzione netti, che in parte sono stati introdotti dalle riforme Castelli e Mastella, è una soluzione intelligente. Pensare che si debba fare per tutta la vita il pubblico ministero non penso che sia una soluzione corretta: io ho fatto per tanti anni il PM per poi passare al Massimario, che è un’attività da giudice, e ho verificato con una logica completamente diversa le cose. Sono esperienze particolarmente importanti per fare il pubblico ministero come si deve. Un PM che abbia un CSM autonomo, che viene regolato da altri PM laddove oggi nel CSM i PM sono 4 su 24. Io starei cauto soprattutto nel pormi il problema degli effetti. Non vorrei che la separazione delle carriere rappresentasse la classica eterogenesi dei fini: rendere il pubblico ministero sempre più forte e più pericoloso nella logica di uno stato democratico.
RACO Teme che possa essere influenzato dal governo?
CANTONE Un PM sempre più vicino al governo ci potrebbe indurre a ripetere il famoso detto: troverò un giudice a Berlino? Troverò un pubblico ministero indipendente in Italia qualora questa funzione venga sempre più inserita nella logica dell’esecutivo? Su questo tema pongo domande, non ho risposte sicure. Alla presidenza dell’ANAC ho molto girato il mondo e ho avuto contatti con numerosi ambienti amministrativi e giudiziari. Dovunque il tema principale era la difficoltà di utilizzare una magistratura indipendente per effettuare la lotta alla corruzione. Non vorrei che per risolvere un problema ne creassimo uno maggiore. Lavoriamo per una distinzione, per fare in modo che il giudice sia messo in condizione di essere autonomo e indipendente. La separazione delle carriere rischia a mio avviso di fare più danni che vantaggi.
RACO Ci teniamo il nostro sistema allora?
CANTONE Molti stati guardano all’esperienza italiana su questo aspetto in modo positivo. Io non vedo con entusiasmo l’idea del procuratore americano che si occupa del risultato a prescindere da quello che è l’uomo. Noi abbiamo una cultura che fa si che la valutazione del soggetto resti un momento fondamentale. Negli Stati Uniti spesso esiste una giustizia fortissima nei confronti di chi non può permettersi una difesa reale e poi non ugualmente forte nei confronti dei personaggi. Starei attento a portare delle tradizioni che non sono in linea con il nostro paese e che rischiano di fare danni. Ovviamente sono scelte politiche ed è giusto che sia la politica a prendere le sue decisioni.