Il Salone del Libro è una manifestazione che ha nella partecipazione fisica un elemento centrale. Qual è stato l’impatto del coronavirus e della pandemia su un programma già avviato e quali sono state le scelte che avete compiuto per affrontare questo periodo?
La pandemia ha avuto un impatto, più che importante, direi determinante su tutti gli incontri di grande assembramento, in termini di pubblico; molte manifestazioni non si sono potute tenere in forma tradizionale, addirittura alcune sono saltate del tutto. Pensiamo alle Olimpiadi, forse l’evento sportivo e mediatico più imponente insieme ai Mondiali di calcio. Al netto di un primo momento di stasi, dovuto a una situazione di incertezza generale, in cui davvero non capivamo quando e in che termini potesse avvenire una minima ripresa di mobilità, abbiamo ideato, in pochissimo tempo, SalTo EXTRA, nato come un Salone del Libro online ma uscito ben presto fuori dai confini virtuali. Abbiamo iniziato con una lectio magistralis a cura di Alessandro Barbero su come l’umanità sia riuscita, volta per volta, a sopravvivere e a riprendersi dalle catastrofi, tenuta all’interno della Mole Antonelliana, simbolo della città in quel momento deserta; abbiamo proseguito con una maratona di tre giorni che ha totalizzato milioni di visualizzazioni. Non posso neanche dire che si sia trattato di un evento succedaneo, perché si è trasformato in una manifestazione completamente diversa rispetto al Salone del Libro; è stato un format che ci ha portato interazioni diverse, addirittura un pubblico diverso.
Quindi ne avete addirittura tratto dei vantaggi?
Sì, si sono collegate a SalTo EXTRA una serie di persone che non sarebbero potute arrivare a Torino per questioni di età, per lavoro, per problemi di lontananza geografica, come ad esempio la comunità italiana in Thailandia che ci scriveva in tempo reale. SalTo EXTRA ci ha permesso anche di abbassare l’età anagrafica: ragazzi tra i venti e i trent’anni in numero di molto superiore rispetto alle presenze tradizionali del Salone del Libro. Abbiamo avuto autori che non sarebbero potuti venire alla manifestazione, pensiamo a Jared Diamond, grande saggista e studioso che il Salone corteggia da anni, ma che durante questo semestre è sempre impegnato nelle sue lezioni. Insomma, vivere SalTO EXTRA è stato un po’ come atterrare su un pianeta diverso e trovare un posto tutto sommato confortevole. Naturalmente, questo non vuol essere un auspicio affinché tutto si trasferisca in un mondo virtuale, perché il contatto fisico è insostituibile. Però ho come l’impressione che torneremo a una normalità “anfibia”, in cui l’intreccio tra mondo reale e mondo virtuale sarà più stretto rispetto al passato. Basti pensare alle riunioni di lavoro: non appena ci siamo adattati alle webinar, ci siamo resi conto che molti incontri che avvenivano nella vita reale potevano trasmigrare comodamente nel mondo virtuale. Non tutte le attività lavorative possono trovare una collocazione “liquida”, ma mi sento di affermare che questa pandemia ha accelerato un processo; pochi dubbi sul fatto che ci sia stato tolto più di quanto ci sia stato dato, la pandemia è stata e resta a tutt’oggi una disgrazia, ma per fortuna l’essere umano è una creatura estremamente adattabile.
Una cosa che sicuramente è mancata ai frequentatori del Salone è stata vedere le folle di ragazzini delle scuole partecipare alle numerosissime attività che sono una parte fondamentale del vostro lavoro. Non sono mancati anche a lei i ragazzi, vederli circolare fisicamente tra i libri?
Mi sono mancati tantissimo giovani, adulti e tutti i frequentatori del Salone. Ho avvertito l’assenza dal punto di vista tattile e dell’incontro fisico, “mi è mancato chiunque”, come diceva David Foster Wallace. Al tempo stesso, però, sapere che durante i programmi, pensati appositamente per le scuole da SalTo EXTRA, c’erano tantissime scuole collegate, ci ha riempiti di orgoglio. Vivevamo tutti una situazione di difficoltà che non dipendeva da nessuno di noi, ma aver trovato il modo di “incontrarci” ugualmente ci ha dato fiducia.
Adesso state partendo immediatamente con un’altra iniziativa, SalTo Notte. É legata all’entusiasmo dell’ottima riuscita di SalTo EXTRA?
SalTo Notte è legata tanto al successo di SalTo EXTRA quanto alla nostra voglia di sperimentare. Questo è un periodo in cui la difficoltà ti aiuta a osare senza la paura che potrebbe emergere in una situazione di normalità. È un momento perfetto per sperimentare. Abbiamo provato a lanciare un progetto in orario notturno, una fascia completamente diversa rispetto a SalTo EXTRA, ma si trattava di un rischio relativo dato che i programmi online rimangono fruibili anche in orari diversi. SalTo Notte è stata anche un’ottima occasione per restare in contatto con il nostro pubblico, con gli autori e gli editori.
Com’è stato il rapporto con i partner istituzionali in questa fase di cambiamento? Avete condiviso con loro alcune scelte o avete rimandato a una relazione di tipo tradizionale alla prima occasione possibile?
Noi abbiamo consegnato al Comune e alla Regione un progetto che prevede la prosecuzione delle attività e stiamo aspettando un riscontro. Ognuno ha i suoi tempi di risposta, stiamo ad aspettare per capire cosa succederà.
Avete parlato dei “libri della ripartenza”. Ci vuole suggerire qualcosa?
Il primo suggerimento a cui penso è: rientrate in una libreria fisica e sfogliate i libri. La gente deve tornare dentro le librerie, soprattutto in quelle di quartiere in cui i librai sono in grado di riprendere il contatto fisico e consigliare una lettura a una persona e non ad un’entità astratta.
Qual è stato l’impatto del lockdown sul mondo dell’editoria? L’impressione è che sia stato fortemente negativo. Pensa che sia recuperabile?
Devastante, l’impatto è stato devastante. Basti vedere i dati dell’AIE per rendersi conto che il danno è enorme. Onestamente non so dire se sia recuperabile, ma il danno è incommensurabile, su questo non ci sono dubbi. Tutta la filiera è messa a durissima prova.
Nella vita quotidiana lei unisce la direzione di un grande evento al lavoro di autore. Quanto incide dirigere il Salone sull’attività di scrittore?
Dirigere il Salone del Libro è un’esperienza umana che mi ha arricchito tantissimo, che implica l’aver a che fare contemporaneamente con la politica, l’economia, e le istituzioni pubbliche e private. Per quanto riguarda l’attività pratica di scrittura, ho riorganizzato tutto il mio lavoro, svegliandomi alle cinque del mattino e scrivendo fino alle dieci per poi iniziare a lavorare per il Salone. Adesso ho finito un libro che uscirà, per Einaudi, credo in autunno.
Proprio Einaudi quest’anno pubblica una nuova edizione delle opere di Pavese a 70 anni dalla morte. Com’è stata l’esperienza di scrivere l’introduzione a una di queste nuove edizioni?
É stata interessantissima perché mi sono ri-tuffato in “Tre Donne Sole”. In verità, mi era stato chiesto di quale libro di Pavese mi sarebbe piaciuto di più scrivere l’introduzione, tra quelli rimandati in stampa. Ho scelto “Tre Donne Sole”, lo avevo già letto da ragazzo, ma riprendendolo in mano mi sono reso conto che l’esperienza di vita che hai fatto ti restituisce la possibilità di scavare ancor più in profondità e ho trovato questo libro molto più oscuro, inquietante e claustrofobico di quanto non ricordassi. Io poi ho cercato di fare del mio meglio, durante la stesura dell’introduzione, ma la cosa più avvincente è stata la possibilità di rileggere un libro splendido come quello.
Lei è stato per alcuni anni tra i selezionatori della Mostra del Cinema di Venezia, questa esperienza è stata utile per proporre una via originale alla direzione del Salone del Libro?
Cinema e letteratura hanno due linguaggi, secondo me, completamente diversi. Entrambi sono forme narrative e questo aspetto ovviamente le accomuna, rendendole più vicine rispetto al binomio letteratura/arti figurative, per esempio. Detto questo, ripeto, il linguaggio è completamente diverso, il cinema è prettamente visuale, la letteratura è interamente basata sulla scrittura. L’aver partecipato alla Mostra del Cinema è stato utilissimo anche dal punto di vista organizzativo, rispetto al Salone, perché per tre anni ho avuto il privilegio di vedere all’opera una persona che stimo moltissimo, Alberto Barbera. Seguire Barbera durante le fasi organizzative di un evento internazionale mi è stato davvero utile per lavorare alla direzione del Salone del Libro.
Cosa sta leggendo in questo momento?
Sto leggendo un saggio di divulgazione scientifica: L’albero intricato, di David Quammen, l’autore di Spillover e ho l’impressione che sia più ambizioso rispetto al precedente, perché tratta di nuove scoperte scientifiche relative all’evoluzione degli esseri viventi; evoluzione che, a quanto pare, avanzerebbe non soltanto in verticale, come insegna Darwin, ma anche in orizzontale. Sto leggendo anche Gli Addii, di Juan Carlos Onetti, un libro molto malinconico. Juan Carlos Onetti è considerato una specie William Faulkner sudamericano.
I ragazzi che oggi finiscono la maturità hanno trascorso un anno stranissimo. Ci sono dei libri che vorrebbe consigliare ai diciottenni per questa estate?
Io non mi sento di consigliare un libro ai ragazzi, i libri sono delle storie d’amore, soprattutto per una persona di diciotto anni; trovare il libro giusto è un’esperienza fortissima e io non darei a nessuno un consiglio sulla persona di cui dovrebbe innamorarsi. Il mio suggerimento è di andare in libreria e imporre le mani su quello che credono sia il libro giusto. A me è successo così, entrai in libreria senza mai aver sentito parlare di Beppe Fenoglio, cominciai a sfogliare “Una questione privata” e iniziai ad avvertire una sensazione fortissima. Consiglierei questo a un diciottenne: entrare in una libreria, sfogliare, perdersi e uscire con il libro che sembra corrispondere al proprio sentimento. A ognuno è destinato un libro speciale dell’estate dei diciotto anni.