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Lockdown integrale del Paese, decisione politica che lascia esterrefatti

Prendere atto che il lockdown integrale del Paese è stata una decisione politica, che è andata oltre le richieste delle competenti autorità tecniche sanitarie, mi lascia francamente esterrefatto.

Da cittadino con una passata esperienza di governo, ho sempre dato per scontato che fosse semmai vero il contrario; cioè che chi aveva responsabilità politica in quei drammatici frangenti stesse semmai facendo un po’ meno di quanto suggeritogli dalle autorità tecniche sanitarie, per il dovere politico di mediare tra esigenze puramente sanitarie ed esigenze di tenuta economica e sociale del Paese.

Tanto più resto esterrefatto perché il lockdown integrale, anche per aree del Paese per le quali le autorità sanitarie non lo ritenevano necessario, non è stato solo introdotto per il primo periodo inizialmente ipotizzato fino ai primi di aprile, ma successivamente è stato pure prorogato tal quale per un secondo lunghissimo mese fino ai primi di maggio.

Ripenso alle polemiche di quelle settimane, quando ad esempio Matteo Renzi, di fronte alla proroga, disse che sarebbe stato meglio cominciare a progettare la ripartenza; oppure, più tardi, quando la governatrice della Calabria, Iole Santelli, fu messa in croce da esponenti del Governo per aver accelerato la riapertura di esercizi commerciali in una regione dove, secondo le autorità sanitarie, si scopre ora non sarebbe stato necessario disporre a suo tempo la chiusura.

La decisione di chiudere a notte l’intero Paese per due lunghissimi mesi non è stata, dunque, una decisione politica inevitabile, a fronte di pareri tecnici sanitari talmente perentori da costringere la politica a rinunciare a qualsiasi mediazione tra diverse esigenze altrettanto fondamentali. No, signori: è stata una decisione politica puramente discrezionale e per di più reiterata per due lunghissimi mesi. Robe da pazzi.

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