Ieri sera, a Roma non a Minsk, è accaduto qualcosa di molto grave. Alle 19:29 è stata battuta un’Ansa con i risultati di un sondaggio effettuato da IPSOS per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri. Non riporteremo i dati perché la legge impone di non diffondere, nei 15 giorni precedenti il voto, sondaggi politico-elettorali. Non è difficile immaginare però che si parlava di un importante successo del SI. Alle 20:07 un secondo lancio, con gli stessi contenuti ma con titolo dedicato al presidente del Consiglio sempre più solo, con distacco, in testa alla classifica sul gradimento dei leader politici. Una sequenza capace di far impallidire Putin e Itar-Tass, l’agenzia di stampa della Russia. Alle 21:29 nuovo lancio, con richiesta di annullare la notizia delle 19:29 perché “trasmessa per errore”. Troppo tardi. Il pasticciaccio è servito.
Non si ricorda un episodio simile nella storia della Repubblica. Almeno da quando esistono i sondaggi. Almeno da quando la legge impone di non diffonderli. Non stiamo affermando che i sondaggi non possano essere realizzati. Né ci scandalizziamo all’idea che a commissionarlo sia stato lo stesso Governo. Sappiamo bene anche che ci sono diversi stratagemmi per aggirare la legge che ne limita la pubblicazione nelle settimane che portano al voto: il più noto e diffuso, negli ultimi anni, consiste nel pubblicare le previsioni sui risultati elettorali come se si stesse parlando di una corsa di cavalli. Mai però è successo che la principale agenzia di stampa italiana diffondesse un sondaggio commissionato dal Governo e, ovviamente, favorevole all’esecutivo. A pensar male si fa peccato, per chi crede ai peccati, ma ci si azzecca. Ma soprattutto, crepi l’avarizia: un indizio è un indizio, due indizi sono una prova.
Il primo indizio è stato il teatrino messo in piedi dall’INPS, con modalità improprie e inusuali, sui parlamentari furbetti del bonus di 600 euro. Una tempesta perfetta che ha consentito al M5S e al ministro Di Maio in particolare di rinfocolare i sentimenti anticasta che sono alla base della riduzione dei parlamentari, con taglio orizzontale, realizzato dalla legge sottoposta a referendum confermativo il prossimo 20 e 21 settembre. Il secondo indizio, che alimenta il forte sospetto – se non costituisce la prova – di una precisa strategia messa in campo dal Governo per agevolare la vittoria del SI, è il grave episodio accaduto ieri sera. Aggiungiamo che l’incidente si registra proprio il giorno in cui due importanti esponenti politici della Lega, Giorgetti e Centinaio, decidono di annunciare il loro sostegno al NO, in dissenso rispetto all’indicazione ufficiale di voto diffusa dal leader Salvini.
Non sappiamo immaginare come andrà il voto. Nel 2016 si respirava nell’aria la sensazione di una pesante sconfitta, motivata dalla mobilitazione trasversale contro Matteo Renzi che aveva commesso l’errore di personalizzare il risultato del voto. Questa volta la sensazione è che il NO, partito in grande svantaggio, abbia realizzato una rimonta importante. Sarà la conseguenza del cosiddetto “filter bubble”, quel processo che induce Facebook e gli altri social a mostrare sulla home di ognuno di noi soltanto le notizie che possono piacerci, escludendo quelle che potremmo non approvare, ma sul web – stranamente – non sembra prevalere il rancore anticasta ma la difesa della Costituzione. Magari ci troveremo con una valanga di preferenze per il taglio dei parlamentari, che per noi, così come è stato concepito, è taglio della democrazia, ma episodi come quello di ieri rafforzano la convinzione che questa sia una battaglia che è giusto condurre con determinazione sino all’ultimo momento utile.
Resta la gravità di un episodio che va indagato in modo severo e per il quale è bene che venga ricostruita e resa pubblica nel più breve tempo possibile la catena delle responsabilità. Nel paese che non conosce il principio dell’assunzione di responsabilità e l’istituto delle dimissioni, finirà con un giornalista dell’Ansa a cui sarà affibbiata la colpa di aver messo in rete, per errore, una notizia che non doveva essere diffusa. Conoscendo la serietà professionale del direttore Luigi Contu, tendiamo a ritenere che l’Ansa – che comunque non può incorrere in tali “leggerezze” – sia stata indotta in errore. Una cosa sembra evidente, infatti: quella notizia è stata inviata da una fonte ritenuta affidabile, sotto forma di nota. Vogliamo sapere da chi e perché. Solo così potrà essere risolto il giallo, che in questo caso sembra essere molto più che un colore o un genere letterario. E’ un indizio. Il secondo. Quello che avvicina alla prova.