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La Babele del coronavirus

Che se ne vada al più presto questa bestiaccia, perché i danni che giorno dopo giorno produce sono uno peggiore dell’altro. Sta confondendo le intelligenze e contaminando i linguaggi. E noi soffriamo. I casi in cui ciò avviene sono tanti. Ne prendiamo in esame un paio.

Il primo. Qualcuno lamenta che gli scienziati litigano troppo e che i loro pareri risultino oltremodo sbilanciati, se messi a confronto. Questo, in realtà, non è un problema. Anzi, più litigano, meglio è, vuol dire che si stanno facendo domande, percorrono sentieri nuovi. E poi, loro marciano con una premessa molto chiara: dicono “fino a prova contraria”, perché non hanno certezze definitive ma solo provvisorie e sono quelle che adottano per cercare ancora e poi ancora.

Noi li ascoltiamo, ma forse non abbiamo la pazienza che ci vuole per seguire il loro passo. Vorremmo risposte confezionate come pillole e facilmente dimentichiamo che finanche le pillole che assumiamo noi oggi per il mal di testa, non sono più le stesse che mandava giù la nonna. Se lo scienziato non si fosse lasciato trascinare dalle domande, il progresso si sarebbe arrestato.

Il guasto si produce quando il medico si improvvisa politico o economista. A quel punto non riusciamo più a distinguere quando ha finito di parlare il clinico e comincia il politico, perché evidentemente le prospettive si sono intrecciate e il linguaggio ne esce contaminato.

Possiamo chiedere l’adozione di paletti a mo’ di segnali spartitraffico affinché non vada in tilt la nostra comprensione? Ebbene, un grazie a tutti coloro che vorranno darci una mano e renderci meno pesante questa scrematura.

Il secondo caso. Accade che alla popolazione di un comune qualcuno debba parlare per comunicare ufficialmente lo stato delle questioni che tutti interessa. Questa voce deve essere e apparire quanto mai chiara e distinta con il carisma lucido dell’ufficialità. Solo così il cittadino non va in pallone. E quando gli accadrà nei conversari di scambiare opinioni, potrà essere certo di citare la fonte ufficiale dalla quale parte per muovere la sua rispettabilissima opinione. Se le fonti dovessero farsi multiple, addirittura interscambiabili, con intestazioni diversamente colorate, Babele è in agguato. E Babele produce danni incalcolabili.

Sappiamo tutti come viaggiano le notizie: parte una bella figurina e dieci minuti dopo viene a domicilio un mostro. I social sovente rischiano di tramutarsi in quella macchina tritacarne umana sia quando c’è buonafede e scappa l’errore, sia quando la buonafede dovesse persino difettare. Nelle nostre piccole comunità sappiamo tutti quanto siano stati provvidenziali i “soprannomi”: servivano a identificare chi realmente era quel “Francesco Bianchi” tra i 26-27 che portavano lo stesso nome e cognome. Buttare sulla tastiera un “Francesco Bianchi” con la stessa disinvoltura con la quale si sbuccia una castagna, equivale a gettare nel panico un intero paese. Dopo il panico c’è il terrore. Nel terrore c’è la ricerca matta dell’untore. Se non sarà guerra civile, poco ci manca. Qui e adesso, la guerra è una e una sola: sconfiggere il virus. E guarda caso: meno si parla meno saliva si produce meno zampe avrà il virus meno vita lui, più salute e pace noi.

E’ ozioso chiederne quel tanto che basta mentre infuria il coronavirus?

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