Press "Enter" to skip to content

L’anno che verrà e la partita del vaccino

Nell’anno che verrà, gli italiani saremo chiamati a vivere molto probabilmente l’atto più solidale della nostra storia. Ovvero la vaccinazione anti-Covid19. Non sarà obbligatoria. Ma è proprio questo requisito che renderà la scelta più squisita e ammirevole.

Sappiamo tutti che, oltre ai no-vax, esistono i no per ogni cosa, comprese quelle più ragionevoli e comprensibili. Persino tra i medici esistono indecisi e riluttanti. Occorrerà, questa volta più che mai, un’informazione pacata e serena che offra a tutti dati certi su ogni aspetto dell’intera operazione così da fornire elementi utili, non tanto per convincere e portare quante più braccia all’ago della siringa, ma cittadini che avranno potuto maturare scelte libere e consapevoli. Per ottenere una spinta forte e sfiancante del virus, si prevede, almeno dentro l’anno, una vaccinazione del 70 per cento degli italiani, 42 milioni di cittadini sopra la soglia dell’età esentata.

I nostri scienziati dispongono di risposte abbastanza certe e assicurano fin d’ora che tutte le fasi, compresa quella della produzione del vaccino, hanno spiegazioni più che affidabili e certificate. Lo sforzo economico è andato anche in questa direzione per garantire l’arrivo delle dosi in numero elevato e in tempi ragionevolmente celeri.

Quello che serve per recarsi volentieri nei centri deputati alla vaccinazione non sarà né la propaganda né l’ammucchiata, neanche un puro calcolo numerico, forse neanche il semplice motivo di salvare la propria pelle. Si renderà necessaria una maturazione, per così dire, di coscienza comune: il singolo dinanzi alla comunità. La sua personale decisione quale contributo, insopprimibile, alla buona riuscita dell’operazione. Solo se saremo tutti, saremo anche vincitori. Uno uguale a 42 milioni. Perché, se ad uno alla volta dovessimo vanificare l’appuntamento, il risultato non potrà essere lo stesso. Come dire che l’Italia sarà salvata da uno solo, e i restanti, se ci sono, salveranno quel singolo.

Stiamo prendendo, da qualche decennio in qua, il discutibile vezzo di non recarci alle urne, incaricando esigue percentuali a decretare le formazioni di maggioranza e minoranza. Poi ci sediamo sull’argine a guardare, discutere e dare voti dopo aver fatto mancare i nostri quando era necessario e richiesto. Un po’ come fare gli arbitri e mai i giocatori.

Questa volta la partita – questa, sì, per la vita – chiama tutti a scendere in campo e puntare al pallone. Più calci più punti. E la porta dove segnarli è inequivocabilmente una sola.

Si tratterà di un’operazione improntata alla solidarietà. Qualcosa che dà le vertigini. Dinanzi agli occhi non avremo solo chi vive accanto a noi, ma anche coloro che a causa del Covid19 sono morti. In un certo senso hanno pagato per noi. Perché il vaccino viene dopo la loro morte. A causa della loro morte gli scienziati sono partiti per prevenire la nostra.

E’ anche politico il vaccino? Lo è, perché ciascuno sarà interrogato sulla sua personale volontà di difendere la città degli uomini. Una prova di autocoscienza collettiva e una manifestazione generosa di sentirsi comunità. Potrà trattarsi anche di una proficua occasione per rivedere e rivalutare la presenza del singolo rispetto agli altri. Il medico si guarderà di fronte ai pazienti, il panettiere di fronte ai suoi clienti, il barista di fronte agli avventori del suo banco, il sacerdote capirà – Dio lo illumini – che cosa vorrà dire porgere il calice ai fedeli perché bevano del suo contenuto bocca dopo bocca. E questo perché il funesto Covid19 ci ha fatto scoprire – schiaffeggiandoci mortalmente – quanto il singolo sia incastonato nella matassa sociale. Mai come questa volta, se ci salveremo ci salveremo con gli altri. Noi che avevamo preso il malvezzo di pensarci da soli, noi che dopo aver bevuto ci divertivamo a mandare in frantumi la fontana.

Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, a chi gli chiese se e quando si sarebbe vaccinato, ha risposto: “Quando sarà il mio turno”. E già, perché di turni si tratta, di una cosa normale che tutti ci accomuna. Senza bisogno di saltare la fila. Senza stupida e ossessiva propaganda per un presunto popolo bambino. Siamo italiani adulti. E tanto basta.

Share via
Copy link
Powered by Social Snap