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Nulla sarà come prima. Draghi non aspetti il risultato di Rousseau

Se, come pare, Fratelli d’Italia resterà fuori dal governo Draghi, sarà l’unico partito a non aver partecipato a nessuno dei tre governi di questa legislatura, caratterizzata da elezioni che non hanno decretato alcun vero vincitore. Tanto da consentire la formazione di tre esecutivi sostenuti da maggioranze tanto diverse quanto impensabili prima della loro creazione.

Quanto pagherà la coerenza della Meloni lo vedremo quando si tornerà alle urne. Il resto dei partiti e dei leader politici, da inizio legislatura a oggi si sono cimentati in piroette e volteggi degni del Cirque du Soleil.

Questo giornale, da sempre schierato contro qualunque forma di populismo, non ha risparmiato critiche al M5S, al PD e a Giuseppe Conte, che si è mosso come un elefante tra i cristalli delle nostre Istituzioni. Né le ha mandate a dire, a suo tempo, alla Lega e al suo leader Matteo Salvini. Ma oggi ci troviamo davanti a un potenziale cambiamento di lunga durata del nostro sistema politico. Non capirlo sarebbe da irresponsabili e da stolti.

Il presidente della Repubblica è stato chiaro dopo il fallimento dell’esplorazione affidata a Roberto Fico: “Avverto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un Governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.

L’ostinazione con la quale l’ex maggioranza M5S-PD-LEU si ostina a chiedere un governo politico, inteso come appendice allargata del Conte due, è pari solo alla cocciutaggine con la quale hanno provato a imporre un Conte ter, senza Italia Viva e con i responsabili raccattati da Clemente Mastella. Appare inoltre profondamente irrispettoso nei confronti dell’appello rivolto da Sergio Mattarella.

Poco ci importa di quel che farà il M5S, destinato a chiudere la propria deleteria parabola politica con la fine di questa legislatura. Molto di più ci preme che questo cambiamento, questa opportunità sia compresa e colta da chi dovrà rappresentare il campo progressista e quello conservatore in Italia nei prossimi anni.

Nessuno può continuare a porre veti o rivendicare false primogeniture. Tutti, ma proprio tutti, stanno facendo il contrario di quanto sostenuto fino a una settimana fa, che per nulla combaciava con ciò che ogni partito dichiarava solo il mese passato o durante la campagna elettorale del 2018.

L’Italia potrà solo trarre beneficio da una Lega pronta finalmente a divenire forza di governo moderata, europeista e atlantista. Le conseguenze di questa svolta saranno avvertite a Bruxelles e in tutta Europa. Il risultato delle presidenziali americane a questo fine è stato determinante e restiamo ancora sorpresi che a Conte e Di Maio risultasse indifferente la vittoria di Biden o di Trump.

Il PD ha l’occasione per tornare a essere il partito laburista a vocazione maggioritaria, affrancandosi dalla scia qualunquista del M5S. Che il gruppo dirigente democratico si ostini a non comprendere il livello della sfida che abbiamo davanti è francamente inspiegabile.

Nulla sarà come prima. L’auspicio è che il cambiamento possa avviarsi già mercoledì sera, quando Mario Draghi finirà il secondo giro di consultazione. Sarebbe un segnale importante se salisse immediatamente al Quirinale a sciogliere la riserva, senza attendere l’esito, scontato quanto inutile, del voto su quella burla che è sempre stata la piattaforma Rousseau.

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