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Caro Grillo, la violenza non è una scia chimica

Con 24 ore di ritardo interveniamo anche noi sulla difesa che Beppe Grillo ha fatto del figlio, accusato di stupro insieme a dei suoi amici. Il ritardo vuole essere un segno di solidarietà e rispetto alla ragazza che ha denunciato lo stupro sette giorni dopo i fatti. Perché Beppe Grillo, con quel suo video, approfittando della sua notorietà, anche politica, ha provato a smontare – per fini privati – decenni di lotte e conquiste che lo Stato italiano ha riconosciuto alle vittime di ogni violenza.

La nostra legislazione, basata sullo stato di diritto e non sulle teorie forcaiole e giustizialiste con le quali ha fatto fortuna Beppe Grillo, concede alle vittime di ogni tipo di violenza, da quella sessuale al mobbing sul luogo di lavoro, il tempo ritenuto congruo e necessario per denunciare alle autorità competenti i soprusi subiti.

Lo fa perché la violenza non è come una scia chimica, un ufo o una sirena. Per poter superare la paura, l’angoscia, spesso anche la vergogna, serve tempo. Alcune volte c’è di mezzo quello che viene erroneamente ritenuto amore, altre volte la famiglia da informare, i colleghi da guardare in faccia. In moltissimi casi c’è condizionamento psicologico, il terrore di perdere il posto di lavoro o di non essere creduti. Tante volte serve solo razionalizzare, parlarne con persone fidate, trovare il coraggio.

Per questo la legge italiana concede tempo e supporto alle vittime di violenza. Si può denunciare dopo una settimana e anche di più. Perché la violenza non è una scia chimica o una sirena, che chiunque vede per la prima volta nella vita ha il desiderio di fotografare e mettere sui social, con la speranza poi di conquistare un posto in Parlamento. No, la violenza è una ferita al corpo, all’anima e alla mente, che nessuno ha voglia di pubblicizzare e socializzare.

Lasciamo anche sullo sfondo, al momento, le contraddizioni di Grillo politico, giustizialista col resto del mondo e garantista con la propria famiglia, che sia quella di sangue o di partito. Le sue parole sono uno sfregio al nostro diritto, alle vittime di ogni violenza e alle loro famiglie.

Sarà la magistratura a stabilire se ci sia stata o no violenza nel caso del figlio di Grillo. In quel caso, se previsto dalle leggi, in carcere ci andrà il ragazzo, non il padre. Anche questo è previsto dal nostro ordinamento, che Grillo farebbe bene a conoscere e rispettare.

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