E’ stata inaugura la nuova sede dell’Accademia di Belle arti di Catania. Si tratta di un evento di grande significato per molteplici ragioni. Innanzitutto perché pone fine, almeno questo è l’auspicio, alla faticosissima stagione della didattica a distanza, esperienza resasi necessaria a causa del Covid19 ma del tutto inadeguata all’Alta Formazione Artistica e Musicale.
Secondariamente, perché restituisce al centro storico del capoluogo etneo un’importante istituzione culturale, al pari dell’Università e del Conservatorio musicale. Infine, perché il modello strutturale e infrastrutturale scelto dialoga meglio di altri con una certa idea dell’accademia, intimamente correlata all’illustre tradizione del Razionalismo e del Bauhaus, con soluzioni didattiche e una veste grafica di eccezionale valore funzionale e comunicativo.
L’inaugurazione di via Franchetti è dunque un ritorno alla vita. Il merito è tutto della classe dirigente che negli ultimi due decenni ha garantito il graduale transito dell’istituzione alle regole di riforma dettate nella L. 508/99. Un processo di adeguamento non ancora del tutto compiuto, che ha subito una forte accelerazione con gli ultimi due dicasteri MIUR a livello nazionale, e con l’ultima Presidenza, Direzione didattica e amministrativa, CdA e Consiglio accademico dell’Accademia stessa, a livello locale.
Nell’occasione verrà reso omaggio al suo fondatore, prof. Nunzio Sciavarrello, cui viene intitolata l’aula magna. Anche questo gesto assume il valore simbolico di una consacrazione, perché sia chiaro che, nella Catania dell’incompiutezza e delle grandi promesse mancate, l’Accademia di Belle Arti, il suo fondatore, la generazione di riformatori che hanno consentito il suo nuovo posizionamento culturale e artistico, il gruppo dirigente che oggi la governa, tutti hanno merito e ci consegnano un bene dal valore inestimabile che attende solo il rientro degli studenti nelle aule e nei laboratori.