La sua figura è stata capace di aggiungere al tradizionale elettorato del PD, che ha proposto la sua candidatura al Parlamento Europeo, il consenso proveniente dal mondo dell’associazionismo, del volontariato, dell’impegno sociale, sino al mondo ecclesiale. Avverte questo senso di responsabilità?
Certamente sì, è una grande responsabilità, che viene dall’aver ricevuto un consenso così grande e in modo trasversale e questo mi ha rincuorato molto. La buona risposta elettorale è stata raggiunta, con oltre 270 mila voti, grazie alla capacità di ascoltare le esigenze della gente, delle associazioni e di tutto il territorio. Ho ricevuto molti consensi da chi si era allontanato dalla politica, sfiduciato da certi comportamenti dei governanti, come sul tema della migrazione. In questo credo che la mia professione di medico e il mio impegno diretto in prima linea, in una realtà come quella di Lampedusa, abbiano trovato riscontro nelle preferenze ricevute.
Cos’è la politica per lei?
Credo che la politica sia qualcosa di straordinario. Deve essere un servizio svolto con passione, con onestà e correttezza. Deve saper dare risposte alle esigenze della gente e anche a temi importanti come il futuro dei giovani e la tutela dell’ambiente. Ho fatto sempre politica, occupandomi dei bisogni degli altri, della mia gente, dei migranti. Sono stato in trincea e ho sentito il bisogno di raccontare la verità attraverso la pubblicazione di libri e la realizzazione di film. Credo nella rete di persone che ci mettono la faccia tutti i giorni, nei volontari, nei giovani e in quei sindaci che senza mezzi e risorse, sono chiamati a fronteggiare gli sbarchi dei migranti e le relative implicazioni.
Pandemia e migrazioni sono due temi di grande attualità, quali connessioni hanno?
Sicuramente la sanità, il diritto alla salute. Molte persone fragili e malate hanno bisogno di una sanità migliore. La pandemia ha messo a nudo le inefficienze del nostro sistema, dovute alla mala gestione della politica. Sapevamo che la sanità pubblica era molto insufficiente e carente nel sud dell’Italia. Poi abbiamo scoperto che anche al nord la sanità è molto carente e che concentrarsi sulla sanità privata è un disastro. Dobbiamo batterci per la sanità pubblica che è per tutti. Non possiamo privilegiare certi settori a sfavore di chi non ha i mezzi per accedere alla sanità, che siano i nostri concittadini o che siano anche i cittadini che vengono da fuori, quindi persone perché a me non piace chiamarli migranti.
Spesso la sensazione è che la migrazione avvenga solo con i barconi, dal Mediterraneo. Che cosa sta succedendo ad Est?
La rotta balcanica, in realtà, è solo una tra le rotte: lì, come altrove, avvengono cose disumane e immorali. L’Europa non ha un proprio esercito e la polizia croata esegue ordini da chi subdolamente vuole creare una Fortezza Europa. In questo modo si è creata una linea difensiva militare per difenderci da “nemici” pericolosissimi, che sono queste persone che scappano da guerre, fame, miseria. Ci sono anche bambini e minori, noi li consideriamo nemici e quindi ci proteggiamo, ci chiudiamo per combattere persone fragili, in difficoltà. Dovremmo indignarci della posizione che il mondo occidentale assume in questo contesto, ignorando le sofferenze della guerra, le violenze, gli stupri, le torture e la miseria di popoli meno fortunati. Ho visto in faccia bambini, uomini e donne che mi hanno raccontato i loro sogni, le loro sofferenze e le loro ambizioni con speranza e dignità.
C’è un’idea di confine che si sta affermando in Europa come lei diceva o la difesa dei confini è solo uno slogan, cioè un tentativo di non affrontare il problema?
Io non credo nei confini. Le persone che raggiungono le nostre coste non sono dei nemici o degli invasori e non vengono armati. La migrazione è un fenomeno strutturale che è sempre esistito ed esisterà sempre e non ci saranno muri o fili spinati che potranno fermarlo. Chiudere i porti e i confini è un atto criminale. Molta gente è informata male, anche da alcuni personaggi politici e da alcuni giornalisti. Buttare fango dicendo che sono dei nemici, violenti, portatori di malattie, invasori che ci rubano il lavoro, ai quali diamo 35 euro al giorno.
Ma c’è chi ci crede.
Tante volte la gente crede a tutte queste menzogne ma colpa non ne ha. Io non ce l’ho con le persone che la pensano diversamente da me, non penso siano cattive, ma che siano cattivamente e strategicamente informate. Ci sono irresponsabili attivi nel creare questo disagio sociale, mettendo gli uni contro gli altri, gli ultimi contro gli ultimi, i più deboli contro i più deboli. Il compito del politico è quello di affrontare il problema e risolverlo, poiché si tratta di esseri umani.
Che differenza c’è tra accogliere e includere?
Conosco il mare e l’esperienza di attendere che qualcuno ti venga a salvare. Prima di diventare medico, ero un pescatore, figlio di pescatore. Il nostro paese è stato capace di accogliere ma non di includere, è facile organizzare le operazioni di sbarco ma più complicato è dimostrare di offrire concretamente delle opportunità umane e sociali ai migranti. Il percorso per la definizione di misure di legge, per il riconoscimento della cittadinanza secondo il principio dello ius soli e di provvedimenti di sicurezza più flessibili, è ancora lungo.
Nel Governo Draghi, che unisce quasi tutti i partiti presenti in Parlamento, è presente anche la Lega. Questo vuol dire che in qualche modo ci sarà il rilancio di un approccio di chiusura rispetto al problema della migrazione?
L’entrata nel governo della Lega non è stata un bella notizia. Tante volte vedo usare il tema delle migrazioni come un cavallo di battaglia, che è servito da anni e che serve ancora per un tornaconto elettorale. Anche in sede europea dobbiamo battere i pugni per consentire che ci sia una ridistribuzione automatica e obbligatoria, per chi sbarca sulle nostre coste, su tutti gli stati membri. Ciò nonostante confido molto nei propositi del nuovo segretario del PD Enrico Letta, che ha formalmente dichiarato la propria disponibilità al riconoscimento dello ius soli. Io credo nella politica e sono il primo ad occuparmi di questa tematica. Mi batterò, come ho sempre fatto, anche per migliorare il patto sulla migrazione, che deve essere rivisto in una visione più ampia e lungimirante.
Enrico Letta è stato il protagonista di “Mare Nostrum”, un’operazione tutta italiana motivata dalla grande crisi della migrazione in quei tempi e dalle grandi tragedie che avvenivano. Oggi sentiamo di indagini delle procure siciliane su paventati accordi economici per il trasbordo di migranti tra scafisti e organizzazioni non governative. Lei cosa pensa di questo?
Personalmente mi sento di ringraziare le ONG per le attività di salvataggio svolte. Le ONG hanno coperto un vuoto lasciato dagli stati membri dopo quell’azione di grande civiltà che ha voluto fare l’Italia con “Mare Nostrum”, salvando migliaia di vite. Qualcuno ha voluto accusare le ONG. I decreti sicurezza hanno criminalizzato le persone che salvano le persone, con l’imposizione di sanzioni. Se si vogliono bloccare le ONG ci deve essere un’alternativa che al momento non c’è.
Forse sta diventando scontata e ovvia la presenza delle navi delle ONG nel Mediterraneo?
La ONG devono lasciare il Mediterraneo, devono andarsene le navi che salvano in mare. Queste persone devono arrivare attraverso canali regolari, ecco perchè le dico che è necessaria una buona gestione, una buona governance del fenomeno migratorio. Dobbiamo togliere le persone dalle mani dei trafficanti di esseri umani e fare in modo che quel mare non sia più un cimitero. Io sono certo che le ONG, perché ci ho lavorato, non vedono l’ora di andarsene e che tutto questo problema possa risolversi, non è vero che sono là per guadagnare.
C’è un modo per attenuare, se non risolvere, il problema delle migrazioni?
Dall’inizio del mio lavoro in politica mi sono impegnato per portare una soluzione che prevedeva l’istituzione di una missione europea di ricerca e soccorso in mare, con le varie capitanerie degli stati membri. Purtroppo ho perso questa battaglia. Dobbiamo fare in modo che queste persone arrivino tramite canali regolari, questa è una visione diversa, un cambio di paradigma. Un’altra strada è quella di fornire aiuti ai territori di provenienza, con progetti di finanziamento: nessuno vuole lasciare il proprio paese e i propri affetti se non è costretto. Dobbiamo dare loro questa opportunità, aiutando quei paesi a crescere e svilupparsi. Solo allora potremo dire che stiamo facendo una buona politica.