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Giovanni Diamanti: serve una leadership in grado di aggregare i giovani, che abbia un’idea sostenibile di mondo, di sviluppo, di impresa e di lavoro. Basta con la politica dei No

In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, possiamo dire che in Italia non c’è mai stato un forte movimento ambientalista. Perché?
C’è sicuramente un partito storico, i Verdi, che non ha mai raggiunto percentuali paragonabili a quelle degli altri paesi europei ma che ha giocato un ruolo storico. Un partito che, nonostante una piccola e limitata organizzazione, quando è stato presente sulla scheda elettorale, è riuscito a ottenere sempre risultati superiori a quelli attesi. Alle ultime Europee, ad esempio, Europa Verde ha superato anche la sinistra. In diverse regioni ha eletto consiglieri regionali, prendendo più voti di partiti con una solida organizzazione alle spalle. Ciò significa che questa sensibilità, questo interesse c’è anche in Italia e uno zoccolo duro ambientalista nel nostro Paese comunque esiste.

Cosa dicono i sondaggi?
In tutti i sondaggi che abbiamo realizzato è apparso sempre più evidente che in Italia esiste una identità ambientalista ed ecologista. Ciò significa che in questa fase storica una federazione di partiti e movimenti verdi può avere anche in Italia uno sbocco interessante.

Ne approfitteranno un po’ tutti i partiti, convertendo i propri programmi?
Un tempo quello ecologista era un tema che si limitava al centrosinistra e alla sinistra radicale. Oggi invece è sempre più trasversale ma si differenzia nella narrazione, nell’approccio che ogni partito dedica all’ecologia. L’ala più conservatrice, ad esempio, guarda al lato della conservazione del paesaggio; a sinistra si valorizza di più la sostenibilità. Ci sono diverse narrazioni di un tema che ormai è però diventato universale. Questo da un lato limita una potenziale forza ambientalista, dall’altro lato evidenzia una identità sempre più ecologista, soprattutto tra i giovani, che potrebbe trovare lo sbocco in un partito verde anche in Italia.

Movimenti come quelli guidati da Greta Thunberg che tipo di seguito hanno avuto nel nostro paese?
Forse in Italia ha avuto meno successo che altrove ma è indubbio che sia arrivato anche qui. Serve però una leadership in grado di aggregare, soprattutto i giovani. Questo è quello che ancora manca. Non c’è una leadership, un riferimento in cui i giovani possano ritrovarsi.

Come fare?
Le leadership si possono costruire. Se questo è l’obiettivo, quello di coinvolgere i giovani, serve parlare la loro lingua. Magari sarà una donna a lanciare questo segnale alla politica. Ci sono spazi per creare una leadership nuova e penso che il futuro sia positivo per un movimento ecologista che cerchi di interpretare queste sensibilità.

Sulla base di quale programma?
Di sicuro serve una narrazione del mondo che abbia un taglio ecologista, una narrazione diversa del mondo e della società che abbia una chiave di lettura green. In Italia uno dei tanti freni al movimento ecologista, soprattutto quello legato alle esperienze del primo centro-sinistra, è stato di essere considerati troppo di sinistra e troppo legati al No, al rifiuto di qualunque proposta, alla rivendicazione di una identità molto radicale, molto anti sistema. È ciò che i verdi non dovrebbero essere oggi.

Quale deve essere la giusta narrazione?
I verdi, per avere successo, dovranno cercare una narrazione propria fatta di proposte e chiavi di lettura coerenti tra di loro, che parlino di un’idea di mondo. Non basta un’idea di paese. Ma non deve essere chiusa nella classica “sinistra del No”, che molti italiani hanno nel proprio immaginario collettivo. Bisogna avere un’idea di sviluppo, di impresa, di lavoro, qualcosa che i verdi storici non sono stati capaci di mostrare.

Che succederà alle prossime elezioni?
Tutti i partiti coloreranno di verde qualche pagina del proprio programma. La vera sfida di un vero movimento verde dovrà essere quella di trovare una chiave per mostrarsi più forti e credibili e per offrire una narrazione più completa sul tema dell’ambiente. Solo così si riuscirà a emergere. Chi si sente verde a livello di identità è in grado di individuare la differenza tra chi colora qualche pagina di verde e chi ha un programma realmente attento alla transizione ecologica.

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