Non c’è una comunicazione ufficiale della Figc, né da parte di Mancini o di Vialli, il capo delegazione, ma dalle indiscrezioni trapelate pare che sia stata presa la decisione di restare tutti in piedi prima della partita con l’Austria, di tenere un comportamento unico, di non consentire ai giocatori che avevano intenzione di farlo, di poggiare a terra un ginocchio per aderire alla campagna mondiale del Black Lives Matter, movimento antirazzista che sta sfondando anche in Europa.
Non sappiamo cosa abbia condotto la federazione e la squadra azzurra a prendere questa decisione. Forse è interpretato come una spaccatura dello spogliatoio quel gesto tenuto solo da cinque azzurri prima della partita col Galles. Alcuni l’hanno definita una figuraccia. Non si è ben capito in realtà cosa, se la decisione dei cinque di aderire al gesto o degli altri di non farlo.
Crediamo che in fatto di etica e coscienza non possano né debbano esserci imposizioni, in un senso o nell’altro. Va lasciato tutto alla spontaneità, alla volontà, alla libera determinazione dei singoli. E’ sbagliato politicizzare una come l’altra decisione e tirare per la maglietta, della Nazionale tra l’altro, i giocatori.
Io, ad esempio, non riesco a cantare a squarciagola l’Inno nazionale. Lo canticchio, lo bisbiglio. Ma questo non mi impedisce di emozionarmi ogni volta che lo ascolto anche solo strimpellato, suonato da una grande orchestra, cantato in coro dalle nostre giocatrici, dai giocatori o, ancor più, dalle migliaia di persone che gremiscono gli spalti degli impianti sportivi. E non riesco a non pensare, ogni volta, con riconoscenza, a Carlo Azeglio Ciampi che fortissimamente volle imporre, da Presidente della Repubblica, questa consuetudine.
Non siamo d’accordo con Carlo Ancelotti, neo allenatore del Real Madrid, che intervistato da Il Giornale, ha detto: «Non è fondamentale inginocchiarsi per qualche secondo. Non si risolve la questione. Il tema vero è educare le nuove generazione alla questione del razzismo che è ancora presente nelle nostre società».
Certo che c’è da educare le nuove generazioni alla questione del razzismo, ma quando trattiamo questi temi spesso parliamo di gesti che sono nati o si sono diffusi, coraggiosamente, per sfidare i potenti prima ancora che per educare i giovani.
Fu quando Donald Trump chiese alle leghe sportive professionistiche di licenziare i giocatori che si inginocchiavano all’esecuzione dell’inno nazionale che la protesta dilagò coinvolgendo campioni del calibro di LeBron James o Kobe Bryant. I giocatori di baseball si unirono finché squadre intere cominciarono a inginocchiarsi per gli stadi d’America sottintendendo un «licenziateci tutti».
C’è ancora tempo perché possa esserci un ripensamento da parte degli Azzurri. L’Italia è un Paese laico. Lo abbiamo sentito dire al presidente Draghi in occasione del confronto diplomatico col Vaticano a proposito del Ddl Zan sulla omotransfobia. Il Parlamento è libero di legiferare e i cittadini sono liberi di manifestare, nel rispetto della legge, le proprie opinioni.
Lasciamo questi ragazzi liberi di scegliere, senza pressioni. Questa è la sola e unica lezione, di libertà, democrazia e tolleranza che sarebbe trasmessa ai giovani come ai potenti. Perché non c’è nulla di più travolgente della libertà.