La senatrice a vita Liliana Segre si è lasciata sfuggire – lei, ottimista e coraggiosa come pochi in questa nostra Italia – un lieve lamento: “Fra qualche anno della Shoah non rimarrà che qualche riga appena nei libri di storia” perché già si brontola “basta con questi ebrei, che cosa noiosa!”.
Desidereremmo tanto rassicurarla che così non sarà. E questo perché siamo solo all’inizio di questo capitolo storico tutto da leggere e studiare. Se solo interviene chi può mostrare una laurea in lettere, ma anche in filosofia e forse pure in storia, conseguita nei primi decenni del secolo scorso, candidamente e sia pure con scorno, confesserà: “E’ stato il mio caso che qualche riga ho letto, adesso e solo adesso ne so di più”. Se questo è accaduto al laureato, peggio ancora se l’è trascorsa il liceale o il ragazzo di terza media di primo grado per il semplice fatto che quel laureato è stato poi insegnante nelle due scuole. Da qui viene fuori il triste ritornello che in tanti, tantissimi, finiamo per snocciolare: “Con il programma di storia sono arrivato alle ‘cause dello scoppio della seconda guerra mondiale’, in terza media così come all’ultimo delle superiori”. Ed è detto tutto, quasi per dichiarare che c’è sempre qualcuno prima di me che ha un po’ della mia colpa. Allo scoppio della seconda guerra mondiale la conoscenza della storia si è inceppata nella mente di molti che oggi hanno età matura.
Norimberga 1946, Gerusalemme 1961, respiro europeo di storia per saperne di più, sono stati autentici tabù per libri di testo, riviste, giornali e televisione. Primo Levi con “Se questo è un uomo” è stato letto quasi in clandestinità perché pubblicato anche in clandestinità prima che apparire nei tipi della casa editrice Einaudi.
Siamo in tanti digiuni o a mezzo cervello in conoscenza di storia, materia scolastica che prima di andare in uggia agli studenti lo era agli insegnanti a loro volta studenti. E anche quei professori di storia e filosofia di liceo conoscevano bene il trucco di prolungarsi o sbrodolarsi in filosofia e tenersi avari di storia che, per essere raccontata agli studenti, doveva comunque essere almeno letta il giorno prima sul manuale di classe. Affidata alla sola cura degli studenti, leggete e poi interroghiamo? Un po’ come dire: “A voi lupi affido queste pecore!”.
Ed è avvenuto anche per questo che abbiamo camminato senza memoria, senza sapere chi ci ha preceduto, come e perché, per quali vie. Negli anni del dopoguerra abbiamo chinato la testa e ci siamo dedicati alla ricostruzione fino alle soglie del boom economico. Nessuno sguardo all’indietro, tutti protesi in avanti, tutti a ritenerci gli inventori di ogni cosa e di qualsiasi corso della storia a venire. Fino al punto di sbandierare nostalgie di fascismo, ignorandolo e pertanto fantasticandone gesta e urgenza di ripristino. Nessun racconto critico, nessun cenno alle leggi razziali e alla deriva razzistica. Quasi un silenzio tombale. Per non dire che a tanto fascismo si contrapponeva nei discorsi un antifascismo senza punteggiatura, senza citazioni, senza andare a vedere – e quindi senza conoscenza – se nello stesso album di famiglia c’erano parenti o congiunti che nei campi di concentramento erano caduti o se a quei campi di concentramento avevano accompagnato in divisa qualche altro.
Alla senatrice Segre vorremmo dire che oggi abbiamo altra consapevolezza, sappiamo almeno che il problema esiste, che tanti come lei hanno parlato e scritto e ci hanno fatto il gran dono di conoscere, afferrare il toro dell’ignoranza per le corna ed eseguire una ricerca anatomopatologica come mai prima era avvenuta.
A scuola, di questi giorni, si lavora sulla Shoah come mai era avvenuto nei decenni passati. I ragazzi mostrano empatia verso Anna Frank e vivono la loro condizione squisitamente affettuosa e ricca di tenerezza e di ascolto verso quelle donne e uomini – nonni per loro, padri per noi – che ci stanno insegnando la fecondità della memoria. Che non è solo recupero della loro storia. E’ anche recupero della nostra identità. Non sapevamo come era andata. Non sapevamo neanche chi siamo, che cos’è il bene e che cos’è il male, di che cosa è capace l’uomo che sognavamo di essere. E, adesso, se proprio vogliamo, qualcosa di più vero possiamo scoprire. E dire grazie.