Avete già letto su queste colonne, e ancora ne leggerete, condivisibili ragioni per votare No al referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari di questa nostra sfortunata Repubblica. Mi permetto di aggiungerne una, per dir così, sentimentale. Nel senso che vorrei riflettere su quale sentimento stia alimentando il pressante bisogno della riduzione in parola.
Veloce premessa: sarei favorevole a tagliare un’intera camera, a superare il bicameralismo perfetto e a ridisegnare parte dell’assetto costituzionale dei poteri. Quindi non accusatemi di essere un becero conservatore, ché non lo sono. Il punto è che, per come è nata e per come è fatta, questa non è una riforma ma una vendetta. Diciamoci la verità: è una vendetta contro la classe politica. Ora, potremmo anche far notte nell’elencare le nefandezze di questo o quel politico, e va bene. Il punto però è che la riduzione/punizione si inscrive nel fenomeno più ampio, della cosiddetta disintermediazione, che è una iattura dei tempi nostri. Suona più o meno così: “siccome ho accesso a tutte le informazioni del mondo, quindi posseggo tutta la conoscenza del mondo, allora degli intermediari di ogni risma me ne impipo bellamente”. Mi informo e decido da me medesimo su tutto. Si potrebbe dire che si tratta di una protestantizzazione secolare: via ogni genere di sacerdote, sia esso sacerdote della scienza, del diritto, della medicina, della politica.
Ecco. Io voterò No soprattutto perché non voglio incentivare questo processo di delegittimazione delle élite. Intendiamoci: a numerosissimi membri di questa o quella élite bisognerebbe, metaforicamente parlando, dargliele col mazzuolo sulla calotta cranica. Ma contestare la legittimità stessa delle élite, degradandole al ruolo di caste, significa darlo in testa a noi, quel mazzuolo, e non metaforicamente. Di élite abbiamo un disperato bisogno perché il mondo è complesso e nessuno da solo può saperne abbastanza di un numero sufficiente di cose. Abbiamo bisogno di più élite, e abbiamo bisogno che siano tutte numerose, perché abbiamo bisogno che il maggior numero possibile di persone si specializzi nel sapere tutto ciò che può su quel che fa, in modo da poter fare sicuro affidamento sulle sue competenze e sulla sua dedizione. Gli abusi vanno combattuti, com’è ovvio, ma rinunciare a ciò che è utile perché se ne è abusato è un riflesso rancoroso che non possiamo permetterci.