ilcaffeonline inizia oggi un viaggio nel mondo dei festival italiani per capire cosa succede nella progettazione e nella gestione degli eventi culturali. Tutta l’Italia è ricca di esperienze, piccole e grandi, che producono arte, cultura e sviluppo economico e ilcaffeonline vuole essere uno spazio per amplificarne la voce. Si parte con Francesco Maria Perrotta, presidente di Italiafestival, l’associazione di categoria multidisciplinare che rappresenta, all’interno di Agis, i festival e le reti di festival locali e tematiche.
Italiafestival è l’associazione che riunisce i principali festival di spettacolo dal vivo, musicali, teatrali e multidisciplinari, diffusi su tutto il territorio italiano. Questo mondo come sta vivendo il blocco delle attività dovuto al coronavirus?
Il mondo dei festival sta vivendo questo momento di profonda crisi con fiducia da una parte e grande preoccupazione dall’altra. Tutti gli associati di Italiafestival sono ben orientati a confermare la loro presenza, nei limiti del possibile, per l’edizione 2020. Attualmente non siamo ancora riusciti a ottenere risposte precise e puntuali su quelli che saranno i parametri da poter seguire; non abbiamo ancora assoluta certezza sul recupero dell’edizione 2020 dei nostri festival.
I festival italiani sono spesso concentrati nel periodo vicino all’estate. Quali sono le attese per la fase 2? Sono previsti cambi di programmazione, rinvii?
Fortunatamente nessuno degli aderenti a Italiafestival ha annullato in toto la programmazione, siamo ancora tutti in corsa. Ci aggiorniamo costantemente e posso già dire che molti dei nostri associati (Il Festival dei Due Mondi a Spoleto, Emilia Romagna Festival, Napoli Teatro Festival o il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo) si sono riposizionati, posticipando le date tra settembre e ottobre 2020. È chiaro che qualcuno sta già immaginando di sfruttare la possibilità dello streaming, non come strumento alternativo ma integrativo al live. Siamo pronti ad accogliere ogni soluzione fattibile, per questo, dalla fase due ci aspettiamo che ci venga autorizzata la realizzazione dei nostri festival, nel rispetto di tutte le cautele richieste, è ovvio.
E’ consolidato l’apporto che i festival danno all’economia del territorio, in termini di presenze e consumi culturali e commerciali. Siete in grado di misurare l’impatto che avrà sull’organizzazione e sui territori un periodo di blocco troppo lungo?
Non siamo ancora in grado di offrire una previsione verosimile di questo tipo d’impatto. Se accadesse che tutti i nostri festival fossero costretti a chiudere i battenti, le conseguenze sarebbero talmente drammatiche da dover fare una conta di morti e feriti, soprattutto dal punto di vista culturale. Se questo non dovesse verificarsi e noi tutti riuscissimo ad avere la possibilità di far funzionare un meccanismo seppur ridimensionato, con il contingentamento degli incassi e di conseguenza con una riduzione del numero di spettatori, l’impatto sarebbe sicuramente diverso e meno nefasto. Solo quando avremo piena contezza del modo in cui si evolverà questa situazione saremo in grado di fare un’analisi verosimile dei dati.
I finanziamenti pubblici sostengono molti festival, piccoli e grandi, locali e nazionali. Quali richieste fate al Mibact?
Al Mibact abbiamo chiesto innanzitutto la neutralizzazione di tutti i parametri quantitativi che regolano le norme ordinarie del FUS, per i soggetti sostenuti dal Fondo Unico per lo Spettacolo. Abbiamo sollecitato la deroga ai limiti di tempo massimo di realizzazione di un festival, prendendo in considerazione anche la possibilità di spezzettare gli appuntamenti, proseguendo fino al 2021. Altra richiesta al Mibact è stata quella relativa alla conferma della percentuale contributiva 2019, nella misura dell’80%. Proprio Ieri il Ministro Franceschini ha riferito alla Camera la possibilità di arrivare al 60%, ma noi confidiamo che possa essere confermato quantomeno il 70%. I festival non sono strutture mobili che aprono e chiudono con estrema facilità; esistono strutture permanenti che lavorano a ogni edizione, per una porzione considerevole di tempo e non parlo soltanto delle grandi realtà. Quando è scoppiata l’emergenza COVID19, anche le organizzazioni più piccole erano già entrate in un’ottica di programmazione e, a questo punto della stagione, i costi fissi già affrontati sono impossibili da eliminare.
E con le regioni? Quali strumenti possono essere utili a far sopravvivere i festival italiani?
Le richieste alle regioni sono differenti, per forza di cose. A coloro che devono ancora saldare l’erogazione dei contributi pregressi, sollecitiamo una velocizzazione delle pratiche; per l’anno 2020, invece, sarebbe opportuno accelerare le attività per l’assegnazione dei contributi, rendendo più agevole l’erogazione di eventuali acconti e anticipazioni. Esiste un problema concreto ed è la mancanza di liquidità. Rispetto agli strumenti che possono assicurare la sopravvivenza dei festival, mi viene in mente prima di tutto la conferma dei finanziamenti pubblici, sia che essi provengano da regioni, dal Mibact o dagli enti locali. Un altro mezzo da valutare saranno gli incentivi per ristorare le perdite che, in ogni caso, si verificheranno, sia ai botteghini che sulle sponsorizzazioni.
La circuitazione di artisti stranieri e la presenza di turismo internazionale sono caratteristiche di molti festival. Nel 2017 Italiafestival ha stipulato una convenzione con Agis, Federculture ed Enit per la valorizzazione del turismo artistico e culturale italiano. Cosa avverrà quest’anno? Si punterà di più su artisti e pubblico italiani?
Quella tra Agis, Federculture ed Enit fu unaconvenzione a cui, in qualità di Presidente di Italiafestival, lavorai alacremente affinché potesse realizzarsi. Nei giorni scorsi abbiamo chiesto un incontro, da remoto, con la Sottosegretaria di Stato del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Lorenza Bonaccorsi, per lavorare insieme a una campagna di sensibilizzazione e promozione del turismo culturale. A questo proposito, a giorni si terrà un incontro che coinvolgerà il Ministero degli Affari Esteri, cui prenderò parte in qualità di Delegato della presidenza nazionale Agis, per discutere di turismo culturale. Il Sottosegretario Di Stefano vuole ascoltare il parere di tutti coloro che in questo preciso momento storico stanno valutando ogni possibile soluzione. Siamo quanto mai consapevoli che ci sarà prima di tutto un investimento sugli artisti italiani, altrettanto validi in termini di talento e di livello, che spesso non riescono a essere coinvolti in fasi ordinarie. Molti festival si stanno già organizzando in tal senso e questo è forse uno dei pochi risvolti positivi di questa crisi. Per quanto riguarda il pubblico, è chiaro che ci sarà una mobilità interregionale, non internazionale e persino sugli stessi fruitori nazionali occorrerà capire se e in che termini sarà possibile muoversi e spostarsi. Ci saranno probabilmente delle aperture regionali a macchia di leopardo, con una conseguente possibilità di viaggiare in Italia in maniera non del tutto uniforme. Ad ogni modo, qualora riuscissimo a recuperare la stagione estiva o autunnale, punteremmo sicuramente su un pubblico locale, magari prevedendo strumenti che possano fungere da incentivo a raggiungere i nostri spettacoli, o ragionando su una nuova politica dei prezzi.
Sembra che tutti stiano traslocando sul web e sui social network. Lo faranno anche i festival?
Non credo nello streaming come strumento alternativo ai live; immagino piuttosto una funzione integrativa. All’interno del nostro mondo c’è un dibattito, sempre molto acceso, che vede da un lato chi ritiene che possa valere la pena andare in streaming, nonostante una qualità o prodotti non eccelsi e chi invece prende in considerazione questo tipo di trasmissione a patto che il livello di offerta sia qualitativamente elevato. I festival si stanno interrogando sul tema e qualcuno si trova già in fase di realizzazione. Un’idea che inizia ad aleggiare tra i nostri soci è quella di realizzare iniziative e spettacoli soltanto con gli artisti, laddove questi possano spostarsi e fare in modo che si esibiscano all’interno di una location, senza pubblico e in diretta streaming. Una soluzione mediana che potrebbe mettere d’accordo tutti.
Tra i soggetti che subiscono di più la crisi attuale ci sono i lavoratori dello spettacolo, musicisti, attori, tecnici. Quali misure di sostegno al reddito possono aiutarli e come potrebbero tornare a lavorare se le misure di protezione individuale renderanno obbligatorio l’uso della mascherina?
Qui la risposta è complicata! Non è così semplice immaginare concretamente quali possano essere le modalità con cui musicisti, attori, tecnici possano realizzare la propria opera. Sotto l’aspetto del sostegno reddituale, è chiaro che gli unici strumenti valutabili sono la Cassa Integrazione in deroga o il Fondo d’Integrazione Salariale – Fis che, nonostante le difficoltà tecniche, sono a tutt’oggi estendibili alla maggior parte dei lavoratori. Il problema delle misure di protezione individuali è molto più ampio. Sarà difficile pensare alla fattibilità delle esibizioni di cori o di grandi orchestre, per l’eccessiva vicinanza dei musicisti. Noi stiamo immaginando gruppi di musicisti ridotti numericamente, quartetti o solisti, per frapporre una maggiore distanza tra gli artisti. L’inserimento di barriere in plexiglass potrebbe essere una discreta soluzione. Non parlo dei divisori per la spiaggia, per carità! Si tratta di semplici lastre che molti artisti utilizzano da anni, per ottenere un’acustica migliore. Le pièce teatrali potrebbero realizzarsi con pochi attori.
Si parla di una riapertura dei teatri a fine 2020 o oltre. Quali proposte avanzate alla politica per fare in modo che il pubblico possa tornare al più presto nelle sale?
La riapertura dei teatri presuppone una revisione del layout delle platee, con relative modifiche, qualora fossero necessarie. Tra le nostre proposte, di sicuro c’è quella di favorire l’ingresso in sala con distanziamento, tramite strutture esterne che consentano la separazione. Altra ipotesi potrebbe essere quella di favorire la vicinanza tra membri dello stesso nucleo familiare. Per eliminare le file alle casse si potrebbe immaginare una biglietteria esclusiva online e la comunicazione, al momento dell’acquisto, delle modalità di ingresso agli spettacoli e delle cautele da seguire. Il personale dovrebbe essere tempestivamente formato perché possa gestire l’affluenza di pubblico in maniera adeguata. Al netto di ogni possibile valutazione, posso affermare serenamente che le iniziative open air avranno la priorità su tutte le altre soluzioni, rappresentando un valore aggiunto anche da un punto di vista psicologico: l’open air può favorire il ritorno alla socialità culturale.