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Il coronavirus non fermerà la bellezza dei festival italiani

La pandemia ha fermato tutto il mondo e mentre ci si prepara ad una graduale ripartenza, c’è chi dovrà ripensare l’intero assetto organizzativo e fare i conti con una situazione che difficilmente potrà offrire spazi adeguati ai linguaggi degli artisti e al desiderio di arte e cultura del pubblico.

È l’Italia dei Festival, un mondo che oltre a portare bellezza dal nord al sud dell’Italia genera ricchezza in tutto il Paese con presenze legate agli spettatori che sono cresciute del 10% in soli 4 anni.
Un ritorno economico sorprendente che lo scorso anno, secondo i dati Agis, a fronte di 23,9 milioni di spese di gestione ha innescato 41,2 milioni di euro di produzione e 18,9 milioni di euro di valore aggiunto. Numeri alti ai quali si aggiunge il valore di quello che viene definito “il turismo culturale”, ovvero il turismo nazionale ed internazionale legato alla cultura e quindi anche al mondo degli spettacoli che supera i 600 milioni di euro, cifra in larga parte legata agli eventi di musica dal vivo. Un motore di crescita dunque che generalmente stimola l’economia del territorio e che quest’anno come tanti altri settori dovrà fare i conti con il Covid-19, ripensandosi e riadattandosi ad una situazione del tutto nuova.

Quale sarà quindi il peso economico che la crisi dei festival e del turismo culturale avrà sul nostro paese? Quali ipotesi per arginare questa perdita? Secondo il professor Leonardo Becchetti, ordinario di economia all’Università di Roma Tor Vergata, questo stop causerà centinaia di milioni di euro di perdite tra festival e indotto. “In Italia – afferma – ormai quasi ogni città aveva il suo festival che funzionava come volano anche per il settore turistico. Il settore era in pieno sviluppo perché la domanda culturale nel paese era ed è molto vivace. I festival – continua l’economista – stanno cercando la strada della digitalizzazione e i webinar si moltiplicano ma ovviamente l’indotto del turismo è perduto. Gli eventi che richiedono partecipazione dal vivo come i festival, i concerti ma anche quelli del mondo dello sport saranno gli ultimi a ripartire. Dobbiamo sperare nel vaccino o nell’immunità di gregge e sappiamo che non potrà essere, nella migliore delle ipotesi, prima dell’autunno.”

Dunque un valore economico che al momento sembrerebbe perso. Che ne sarà invece della bellezza andata perduta? Dalla lirica alla sinfonica, dalla danza al teatro, che soluzioni adotteranno tutti i linguaggi dello spettacolo che potrebbero non avere il giusto modo di esprimersi? Senza considerare poi tutte le figure professionali che ne fanno parte: i lavoratori del mondo dello spettacolo che difficilmente immaginano una via di uscita diversa da quella di adempiere al lavoro provato e organizzato per tutto l’anno.

La bellezza salverà il mondo, scriveva Dostoevskij, ecco che allora secondo i direttori generali dei principali festival, si farà del tutto per esserci e per non mandare persa questa bellezza. Allo stato attuale le modalità sono ancora in fase di definizione, alcune date verrano posticipate, alcune forme ripensate, garantendo sempre la qualità dei programmi ma soprattutto il rispetto delle norme e una partecipazione sicura del pubblico. Si arriverà persino ad adottare nuovi spazi come quelli digitali, che con il coronavirus hanno sì mostrato le restrizioni delle nostre vite ma anche dilatato i nostri campi di azione.

ilcaffeonline continuerà a seguire attraverso nuovi articoli i festival italiani, per capire quali saranno le decisioni che in questo particolare momento verranno prese dal legislatore da una parte e dai singoli organizzatori dall’altra. Quali saranno le soluzioni adottate e quale l’orizzonte temporale prefissato, senza mai venir meno all’obiettivo più importante che è quello della sicurezza del pubblico e dei lavoratori. Ma soprattutto cercherà di comprendere quali saranno le vere sorti di questo mondo e lo farà partendo da uno dei festival più importanti d’Europa: il Ravenna Festival.

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