Quando leggo “Esami 2020, la versione DEFINITIVA”, la mia mente va sempre all’ultimo arrangiamento della canzone del decennio, o al reboot d’autore del filmone. E invece…
Negli ultimi mesi, per i ragazzi di terza media, che sono circa 100.000 in più dei maturandi, ma siccome non votano, non contano niente per l’opinione pubblica, si sono alternate molte ipotesi sulla gestione 2020 covid-free dell’uscita dalla scuola secondaria primo grado.
Nell’ordine, se ricordo tutto:
l’esame si fa, magari distanziando i banchi;
l’esame non si fa;
l’esame si fa, ma si riduce a poche prove;
l’esame non si fa, ma si espone un’esperienza significativa, entro l’8 giugno;
l’esame si fa, ma consiste in un lavoro multidisciplinare assegnato dai docenti in tempi da definirsi;
l’esame si fa, ma tramite un lavoro proposto dall’alunno e approvato dai docenti, da esporre in 15 minuti…
Fino a sabato 16 maggio, quando si evince che l’esame sarà la discussione on line di un elaborato concordato, da realizzarsi entro il 30 giugno, per l’ovvia ragione che in una normale scuola pubblica cittadina, come ad esempio la mia, stiamo parlando di 270 studenti da interrogare e, in meno di 20 giorni, è infattibile!
Nell’attesa di capire come ratificare e valorizzare (che comprende il concetto di valutare, ma lo supera largamente, per rispetto e affetto verso i ragazzi), noi docenti abbiamo tirato fuori le nostre note capacità di adattamento e sopravvivenza, cercando di dare qualche indicazione agli alunni, più per
rassicurare – noi e loro – che per esprimere certezze. Poi, una volta imbastito il progetto e creati i punti d’appoggio, abbiamo issato le impalcature, cercando di mostrarci coesi e con contenuti univoci, davanti agli studenti.
Molti di loro ci hanno posto innumerevoli volte le stesse domande, oscillando da una parte fra la comprensibilissima ansia e dall’altra l’irritante ritrito giochino di far domande per far perdere tempo durante le (video)lezioni. Cosa per altro ovviata da alcuni ragazzi, perché quando li chiami per interrogarli, non hanno più bisogno di nascondersi sotto il banco, ma semplicemente si
disconnettono, simulando un provvidenziale calo di rete.
Comunque gestiremo anche questa conclusione d’anno, in cui la situazione emergenziale è ovviamente chiarissima a tutti, ma quel che è meno evidente, è comprendere perché, quando già ad inizio aprile si evinceva che l’esame non sarebbe stato in presenza – e quindi la faccenda sicurezza da covid sarebbe
stata risolta – abbiamo dovuto attendere un altro mese per avere le ordinanze (fra l’altro in evoluzione) della gestione.
Ogni anno, anche senza covid, emergono carenze organizzative, per cui, genitori e docenti, che educano i ragazzi a gestire seriamente la vita e, in particolare, queste tappe così significative, vorrebbero coerentemente riferirsi e addurre ad esempio una seria e univoca gestione e comunicazione dai vertici istituzionali. E invece.