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Il proprio, laicissimo, dovere

Nei pressi della strada statale 640, che collega Canicattì ad Agrigento, rendeva l’anima a Dio trent’anni fa, il 21 settembre del 1990, il dottor Rosario Livatino, magistrato. Un’auto con a bordo quattro sicari assoldati dalla Stidda, l’organizzazione che contendeva a Cosa Nostra il controllo del territorio agrigentino, lo speronava ferendolo. Il giudice fuggiva poi a piedi nei campi limitrofi, dove veniva raggiunto ed infine giustiziato. Tre anni dopo Karol Woytila avrebbe pronunciato il celebre “Convertitevi!” alla Valle dei Templi dopo aver fatto visita ai genitori di questo trentasettenne dell’Azione cattolica, oggi Servo di Dio, ritrovatosi morto per aver fatto il proprio laicissimo dovere.

Transitava negli stessi minuti, lungo la stessa strada statale, un rappresentante lecchese di porte blindate che si ritrovò, lui lombardo, testimone di fatti sicilianissimi. Pietro Ivano Nava non ci pensò su e rese subito testimonianza dell’accaduto alle forze dell’ordine: “Se avessi taciuto non sarei più stato un uomo libero”. Quella scelta mise fine all’esistenza che aveva condotto fino ad allora. Vive oggi altrove, sotto altro nome, una vita altra da quella vissuta fino a quel giorno.

Nel nome della stessa libertà due vite, ignare l’una dell’altra, si trovarono alleate in pochi istanti per testimoniare il medesimo diritto ad esistere liberi da violenza, prevaricazione e paura. Due vite diverse e lontane. Un agente di commercio ed un giudice, un uomo del Nord e uno del Sud, hanno compiuto il proprio dovere e per questo rinunciato al prosieguo della propria vita. Oggi che il commercio ha spesso sembianze più rapaci, e in tanti hanno sporcato di fango le proprie toghe, non passino sotto silenzio questi due sacrifici, e si rifacciano gli occhi le nostre coscienze.

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