«L’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia ci sta abituando alla chiusura dei confini, non solo tra nazioni, ma anche tra individui. Un’esperienza come quella di Alkantara Fest può rappresentare uno stimolo a opporsi a ciò che rischia di diventare un nuovo stile di vita: l’isolamento. Noi stiamo lavorando in questa direzione, immaginando romanticamente come sarà questa ripartenza, e siccome siamo dei sognatori pensiamo che è dall’arte e dalla cultura che dovremmo tutti provare a ripartire: dalle realtà locali, dalle nostre piccole comunità, guardandoci in faccia, negli occhi. Ma dobbiamo ripartire più sani, più motivati, più sinceri, più veri, più artisti di prima». Il direttore artistico Mario Gulisano è partito da qui per dare il via alla XVI edizione dell’Alkantara Fest, il festival internazionale di folk e world music: ridotto nei giorni, ma forse più intenso.
Più “glocal” rispetto alle precedenti edizioni, comunque di ricco di prestigiosi appuntamenti, alcuni anche di respiro internazionale. Dopo la serata inaugurale del 29 luglio, che per la prima volta si è svolta all’Anfiteatro comunale di Zafferana Etnea, il festival organizzato dall’Associazione Darshan si è trasferito a Pisano, trasformando la frazione di Zafferana Etnea, dove sono ancora visibili e tangibili i segni dello spaventoso terremoto di Santo Stefano (2018), in un piccolo villaggio della gioia, dove c’è stato spazio per la presentazione di libri, workshop, corsi di danze popolari e tantissima giovialità, ma è stata la musica a farla da padrona.
«L’identità “glocal” (globale e locale) che stiamo costruendo all’Alkantara Fest costituisce un unicum della realtà culturale siciliana, e rappresenta anche una sfida per il territorio – dice Gulisano – . “Territorio” del resto è un concetto molto astratto, e andrebbe ridefinito il suo ambito. Nel corso di questi 16 anni Alkantara fest ha più volte cambiato pelle, spazi, formula e location, assecondando i gusti delle piazze, delle amministrazioni, dei sindaci e delle mode di turno in un territorio indefinito, vago e qualunque. Così abbiamo finalmente deciso di appropriarci noi del “territorio”, di definirne nuovamente i confini, di identificarci con un luogo e uno spazio in cui è il pubblico a scegliere di venire a trovarci. Da qualche anno a questa parte infatti, stiamo lentamente rifondando lo spirito identitario di una comunità, la piccola frazione di Pisano, dove pian piano il festival sta guadagnando fiducia e consensi, come un seme che ha sapientemente aspettato il suo tempo per germogliare, e adesso sbuca dalla terra per affrontare una nuova vita». E questa piantina sembra aver messo germogli e radici tra l’Azienda agricola Il Pigno e il B&B Sotto i Pini che, insieme, delimitano il quartiere generale in cui per quattro giorni si è mossa la grande famiglia di Alkantara Fest.
Nel corso della quattro giorni – dal 29 luglio al 2 agosto – ci si è immersi in un’atmosfera folk di ampio respiro, dove c’è stato spazio per i grandi talenti nostrani ma anche per formazioni internazionali. Un intento chiaro sin dal debutto, quando sul palco si sono alternati il cantautore siracusano Carlo Muratori, il Nufolk Global Connections 4et – una costola dell’orchestra folk europea nata dal progetto dell’Associazione Darshan, sostenuto dal Programma Cultura di Europa Creativa, che coinvolge sei Paesi europei – con il polistrumentista acese Davide Urso, e i musicisti calabresi Nando Brusco e Maurizio Cuzzocrea.
La prima giornata di Festival a Pisano è stata inaugurata dalla partecipata esibizione della O.R.P.S., l’Orchestra Rete Permacultura Sicula, formazione nata nel 2019 per esprimere in musica i principi dell’ecologia, della permacultura e dell’amore per la Terra, che ha subito travolto il pubblico in danze popolari di gruppo (per ciò che la normativa anti Covid ha consentito). Nella stessa serata si è potuto godere dell’apprezzata esibizione del Trio Ecanes e di quella del Quartetto Areasud, progetto dedito alle musiche tradizionali calabresi e siciliane, inevitabilmente influenzate dalle culture mediterranee.
Quest’anno Alkantara Fest ha voluto sottolineare il suo essere family friend inserendo alcuni appuntamenti adatti anche ai più piccoli, come di Circo Storto & Ale Damò, due divertenti buskers che hanno affascinato il pubblico di ogni età con le loro gag comiche e divertenti sketch prima di lasciare spazio ai live di due cantautori: quello dello spagnolo Pedro Makay e, successivamente, quello del cantautore siciliano Marco Corrao che ha presentato il suo ultimo disco “Pietre su Pietre”.
All’Alkantara Fest non c’è mai tempo per annoiarsi, ed è impossibile stressarsi. Immersi nel verde di una natura lussureggiante e genuina, con l’Etna talmente vicina che sembra di poterne ascoltare il respiro, la mattina ha davvero l’oro in bocca. Nel villaggio di Alkantara Fest ogni mattina c’è una nuova attività da svolgere: prima la lezione di yoga con Caterina Allegra accompagnata dal tabla di Riccardo Gerbino, poi la jam session al bar di Pisano con tutti i musicisti del Festival che si esibiscono mentre si fa colazione con l’immancabile granita e brioches; e poi c’è ancora spazio per un’escursione sull’Etna con Anima Munti, il gruppo di guide convenzionate con il festival. Un’esperienza incredibile!
Le attività collaterali di Alkantara Fest continuano anche nel corso del pomeriggio, quasi si trattasse di un “riscaldamento” pre-concerto: dal divertentissimo workshop di danze folk inglesi di Joanna Clare a quello sull’improvvisazione corporea “KidiMpro” di Stefania Milazzo. Ma l’ultimo giorno, sorpresa delle sorprese, abbiamo assistito alla prima presentazione nazionale del libro “Alfio Antico. Il dio tamburo. Storia di un pastore entrato nell’Olimpo della musica” del giornalista Giuseppe Attardi, a cui ha preso parte anche il musicista lentinese, virtuoso del tamburo, che nella stessa sera si è esibito in una formazione ancora inedita, per presentare per la prima volta in Sicilia il suo ultimo disco “Trema la terra”.
Perché ad Alkantara Fest si attende la musica che anche quest’anno non ha mancato di essere di respiro internazionale. Nel corso del festival infatti, abbiamo avuto il piacere di apprezzare gli svedesi Kolonien – formazione di stampo “familiare” che dopo essere cresciuti a suon di musica popolare tradizionale hanno contaminato la musica delle loro radici con ricche armonie vocali e ritmi aggressivi – e i musicisti di Ethno Sicily: una piccola delegazione di Ethno, composta da musicisti che aderiscono al programma di mobilità della rete Ethno World, ai quali si sono uniti alcuni musicisti siciliani selezionali da Ethno Sicily.
E con un concerto all’insegna della contaminazione si è anche conclusa la XVI edizione di Alkantara Fest che ha voluto sul palco un’altra stella siciliana, da anni emigrata in Francia: la cantante e percussionista messinese Maura Guerrera che ha presentato “Spartenza”, il progetto condiviso con il polistrumentista algerino naturalizzato in Provenza Malik Ziad.
E’ tempo di tornare a casa, con la gioia nel cuore e la consapevolezza di esserci arricchiti, di essere riusciti a nutrire l’anima. Mario Gulisano ha ragione, “La musica è l’antidoto contro l’isolamento”. Vissuta così, poi…