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Un’orazione laica

Se i morti parlassero, nella giostra dello scientismo relativista e ignorante che schiamazza dalle tastiere, cosa direbbero? Ancorché ottuagenari, a modo loro, credetemi, avrebbero scelto di vivere anche un solo anno, un solo mese, un solo giorno di più. Poco importa se morti per una sana botta virale o per altre complicazioni.

Pensate ai vostri padri, ai nonni, quelli che vi portavano al parco o alle giostrine, quelli che vi portavano il pane a casa e, carezzevoli, vi istruivano alla vita. Se ancora sopravvivono, pensateli intensamente nel fiore dei loro ottant’anni, col nipotino in braccio e la pensione a disposizione di un’ampia cerchia familiare, di cui quasi certamente anche voi fate parte. Pensateli con più commozione, perché magari sono ancora vivi e continuano ad aiutarvi per sbarcare il lunario.

Poi, con un taglio repentino sul cuore, immaginate di trovarvi al caffè e di sentire dire che quell’uomo, quella donna che erano vostri, proprio loro, “il Covid non c’entra, erano comunque malati, ché non si ferma una nazione per questo motivo”.

A una tale immagine vagamente razzista (dico vagamente per non urtare la vostra indubbia sensibilità), alla rubiconda immagine di quel genitore che ora non c’è più, associate con la stessa leggerezza che vi portava a disquisire senza competenza alcuna di complicatissime patologie virali, di altrettanto complesse questioni socio-politiche; associate tutte le torture che il virus comporta fino all’asfissia. Avete presente l’asfissia, quella cosa che ti porta alla morte con il terrore negli occhi, come uno strangolamento? Proprio quella bella asfissia al collo dei vostri cari, vecchi ottuagenari che tanto la morte se li sarebbe portati via comunque. Non è un’immagine raccapricciante se applicata ai vostri genitori e nonni e non a quelli degli altri?

Dall’altra parte della barricata, mi torna negli occhi una notizia recente, un’immagine, un memento: la donna che a Milano muore “di complicazioni da Covid” il giorno dopo del suo compagno di tutta una vita, anch’egli morto della medesima sorte. Sorvolo sull’importanza dei coniugi e sulla gravità della loro perdita per la cultura italiana, perché vorrei che li percepiste per quello che in definitiva erano: due cittadini comuni.

Di complicazione in complicazione, mi monta dentro un profondo senso di pietà ed ammirazione per quell’amore senile e credo che lei abbia deciso di lasciarsi morire per raggiungere quanto prima l’uomo della sua vita. “Erano vecchi, non si ferma una nazione per due vecchi”, ripeteranno i surfisti dalla tastiera facile, mentre nell’aria morbosa di quest’italietta post liberal-capitalista si staglia la storia di due splendidi amanti, morti idealmente abbracciati per una complicazione, guarda un po’, sentimentale. Così è la vita.

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