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Vaccini all’Università di Catania: il primato del potere e del privilegio

Nelle incertezze organizzative dei primi giorni di vaccinazione contro il Coronavirus, mentre non risulta che siano stati vaccinati il Presidente della Repubblica o quello del Consiglio dei Ministri – la cui vaccinazione avrebbe avuto un alto valore simbolico e comunicativo – dalla stampa giunge notizia di almeno due casi che vanno a stuzzicare i pensieri sul tema.

Se della vaccinazione del presidente della Campania, De Luca, potremmo anche non stupirci, perché egli ha fatto della battaglia comunicativa, verbale e simbolica contro il virus (e contro certi comportamenti irresponsabili diffusi, in verità, in tutta Italia) la propria scelta politica, la notizia più curiosa è la vaccinazione di sei studenti dell’Università degli Studi di Catania.

La verifica delle fonti è facile, anzi facilissima. Basta andare su un motore di ricerca o direttamente qui http://bollettino.unict.it/articoli/unict-sei-rappresentanti-degli-studenti-i-primi-vaccinati-contro-il-covid

La Regione Siciliana chiede di individuare per il V-Day una serie di soggetti che siano rappresentativi e chiede di farlo anche all’università catanese. Il rettore in persona sceglie i rappresentanti degli studenti nel consiglio d’amministrazione dell’ateneo e nel senato accademico.

Non ci è dato sapere se i sei siano laureandi in medicina, magari tirocinanti in luoghi a rischio. Le uniche informazioni che abbiamo sono la fotografia che li ritrae felici e in buona forma davanti al luogo della vaccinazione, il fatto che siano tutti di sesso maschile e il loro ruolo negli organismi universitari.

E’ questo il primato della politica. Che, amaramente, tradotto alle latitudini etnee e siciliane significa, ma soprattutto comunica e invita ad emulazione, il primato del potere e del privilegio.

Quante scelte avrebbe potuto fare il rettore di Catania. Una studentessa donna, uno studente disabile, una matricola, uno studente proveniente dall’estero, uno studente con i migliori voti. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

O, forse meglio, avrebbe potuto restituire il privilegio e chiedere alla regione di destinare i sei simbolici vaccini a sei medici di base, a sei operatori sanitari, a sei autisti di ambulanza, a sei clochard.

Ma se dobbiamo dirla tutta, in una regione dove la giunta regionale è composta da soli uomini e un deputato regionale può affermare “ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie”, la scelta del rettore catanese – purtroppo – non ci stupisce.

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