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Con i piedi non si può governare

Michele ignora che cos’è il Recovery Plan. E si tratterrebbe di poca cosa. Non conosce neanche il significato della parola crisi. Afferra appena quella di “governo” che identifica con un signore che manda i soldi alla sua cooperativa sociale che gli offre lavoro e gli fornisce 300 Euro al mese.

Adesso Michele è preoccupato perché il governo è caduto, forse si è rotto una gamba e pertanto stenta (Michele) a capacitarsi della sua possibilità di salire al Quirinale per le consultazioni (altra parola che non conosce)

A qualcuno verrebbe voglia di dire: ma che razza di cittadino è Michele? E Michele risponderebbe: sono quello che sono, con quello che sa. Sono un cittadino elementare, cioè uno di quelli che la crisi di governo non se la sa spiegare, non dopo aver tentato di argomentare, ma già prima in termini appena rudimentali. Michele capisce solo se il governo c’è o non c’è, se è in piedi, seduto, o caduto. Se il governo è in piedi, Michele sta bene; se il governo è caduto, Michele si preoccupa.

Il guaio serio non è l’ignoranza di Michele. Il guaio serio è l’ignoranza del governo di quelle persone come Michele. Perché per Michele il governo esiste in piedi, seduto o caduto. Per il governo quelli come Michele non esistono. E poi: Michele vota per il governo, fa qualcosa per metterlo lì dove sta o non sta; il governo purtroppo fa o non fa senza ricordarsi che esistono cittadini italiani alla stregua di Michele.

Chi è Michele? E’ un 58enne, celibe. Lavora da anni – ma solo ad intermittenza – in cooperative. La sera va a letto alle 20,30. Alle 4 del mattino è in piedi. Alle 5 comincia a spazzare le vie della sua città. In tre ore deve portare a termine il lavoro assegnato. In queste tre ore non parla con alcuno e quindi non si distrae. Alle 8 e 20 mangia un panino con mortadella, beve un sorso d’acqua alla fontana pubblica. Poi torna a casa, può fare la doccia un paio di volte a settimana: costa l’acqua e costa il gas. E Michele paga acqua, gas, rifiuti solidi urbani, luce appena arriva la bolletta, perché ha paura. A mezzogiorno pranza dopo aver fatto la spesa dove c’è più convenienza. Poi fa una passeggiata, si reca in chiesa tutti i giorni, due chiacchiere con gli amici, un po’ di televisione, un panino leggero leggero, un sorso d’acqua, e a letto.

La casa dove abita? Gliel’hanno lasciata i genitori. E ce la fa con 300 Euro al mese? Certo che sì. Vive con lui un fratello più ricco: 600 Euro al mese. Ma questi 900 Euro almeno arrivano puntuali? Magari? E quindi? Se li fanno bastare fino al punto di avvertire una certa ansia. In compenso riescono a sorridere e a vivere con eleganza e dignità.

Se salendo le scale del Quirinale, una vocina potesse sussurrare nelle orecchie di lorsignori una storia vera come è vera questa di Michele, senza scomodarne altre ancora più raccapriccianti, ebbene, sarebbero sufficienti quei gradini a calibrare le menti di chi aziona i piedi. Mancando l’ascolto, a muoversi restano solo i piedi. E con i piedi non si può governare.

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