Stanotte per la prima volta ho pensato che a soffrire d’insonnia ci si guadagna. Per anni l’ho considerata una condizione penosa, una gran perdita di tempo e di energia. Così me ne stavo a guardare film, quando potevo, o rimanendo in silenzio, al buio, per non svegliare i miei cari.
Solo di recente, a seguito di un’infezione da Covid e su sollecitazione di mia moglie, ho ripreso a impiegare il tempo notturno nella lettura come ai tempi belli dell’università. Sono ripartito dalla tetralogia de L’amica geniale di Elena Ferrante che, come lo sceneggiato televisivo, mi ha tenuto attaccato alle pagine per ore, a ritmi di lettura che non ricordavo dall’infanzia, quando una febbre reumatica mi costrinse a letto per sei mesi circa e la cameretta si affollò di volumi e personaggi fantastici emergenti dalle pagine di Salgari e di Verne.
Allora avevo una calca di amici eroici e fidatissimi, provenienti da regioni esotiche, sublunari, ipogee, ultramondane, i quali avrebbero avuto un ruolo fondamentale nell’indirizzo di studi intrapreso molto tempo dopo, diciannovenne, all’Orientale di Napoli.
Dopo decenni di delusioni, amarezze e indurimenti dell’anima, la lettura notturna mi fa dono oggi di nuove amicizie partenopee, questa volta femminili, che vanno sotto il nome letterario di Lila ed Elena. Ne avrò così un doppio guadagno, perché chiusa la tetralogia, le due forti figure, davvero persone di gran valore, sono certo che continueranno a farmi compagnia per molto tempo ancora.
Della Ferrante avevo letto e amato L’amore molesto e la trasposizione filmica che a suo tempo ne fece Mario Martone. Un capolavoro narrativo in cui si intravedeva già la stoffa della grande scrittura. L’amica geniale, che ha il merito di avere incontrato sulla sua strada un altro grande regista in Saverio Costanzo, è una sorta di coronamento, ma portato a un livello di verità molto più profondo ed esaltante. Le notti così mi si nobilitano addosso.
Doveva pur esserci un vantaggio, qualcosa di positivo da ricordare nell’esperienza orribile e frustrante della pandemia. Io l’ho ritrovato nel più antico universo a me noto: quello della letteratura.