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Michele Marco Rossi: Intelletto d’amore (e altre bugie)

In un periodo così difficile e in cui le prospettive di miglioramento tardano a concretizzarsi, il mondo artistico e musicale si trova costretto a cercare dei nuovi spunti di riflessione. La storia ci insegna che, anche nei momenti di estrema difficoltà, alcune tematiche non smettono di essere attuali, anzi permettono di vedere ancora più chiaramente attraverso le sfaccettature dell’animo umano. E forse è proprio in questa dimensione che il ruolo dell’artista non smette di essere attuale e necessario, anche in un momento in cui la produzione artistica per come la conoscevamo è costretta a fermarsi (teatri chiusi, concerti sospesi o rimandati).

Alcuni artisti vivono con particolare sensibilità il loro presente, cercano di muoversi in esso, di trovare sempre le nuove risorse che rispecchino il loro tempo, senza rimanere attaccati alle sicurezze di una tradizione consolidata. Michele Marco Rossi è ascrivibile sicuramente a questa categoria di artisti. Ha già più di cento prime esecuzioni assolute di nuova musica, alcuni dei compositori più affermati hanno scritto brani dedicati a lui e porta avanti una ricerca costante che va dal teatro strumentale, alla musica elettronica, all’improvvisazione.

Il suo nuovo programma da concerto – Intelletto d’amore (e altre bugie) – è costruito con la collaborazione di uno degli scrittori italiani più famosi nel mondo, scomparso da poco: Andrea Camilleri. Per conoscere meglio il lavoro di Rossi e in particolare quest’ultimo progetto, lo abbiamo intervistato.

Raccontaci chi sei e in cosa consiste il tuo rapporto con la musica.
Direi innanzitutto che sono violoncellista. Ho da poco superato i 30 anni, età per me segno di grandi cambiamenti in molte direzioni. La musica è una compagna di vita strana. Immensamente presente in ogni attimo dell’esistenza, assolutamente non relegata a uno specifico momento della giornata. Da fuori può dare l’idea di una compagna di libertà e di spensieratezza, ma in realtà il discorso credo che sia ben diverso.

Cosa intendi per compagna di libertà?
La libertà che ti dona è la possibilità di ricercarti e di cercare gli altri attraverso un mondo simbolico che non ha confini; questo però porta con sé responsabilità grandi e anche gravi se si vuole, sia verso gli altri direi, sicuramente verso se stessi. E nuove paure e coraggio, grandi fragilità, sicurezze sottili ma incrollabili. È un percorso che vive di una sincerità feroce verso ognuna delle contraddizioni che ci animano.

Guardare il mondo attraverso la musica?
Guardarsi e guardare agli altri attraverso la limpidezza del discorso musicale offre nuove risorse e nuove complessità, una sorta di habitat diverso fatto di regole, opportunità, dinamiche proprie. Un habitat che ormai è imprescindibile, da cui non potrei più separarmi. E in effetti se guardo indietro non mi ci sono separato mai, in un modo o nell’altro. È una fonte inesauribile, il luogo dell’ispirazione e delle cose più semplici, in un discorso profondamente umano.

Com’è nato il progetto sull’amore con Andrea Camilleri?
Da diversi anni fuggivo il tema dell’amore. Lavoravo sulle mie grandi passioni, su Shakespeare, Xenakis, la Mitologia, la musica assoluta. L’incontro con l’opera di Pier Paolo Pasolini ha segnato un punto di non ritorno: dovevo affrontare un tema banale e complesso come quello dell’amore. L’anniversario Dantesco mi ha dato la scintilla necessaria per elaborare questo discorso. Ho diviso l’amore in quattro “momenti”, come quattro fasi che si concentrassero sull’aspetto totalmente irrazionale, istintivo dell’amore: l’Amore Sacro, l’Amore Sesso, l’Amore Potere e l’Amore Colpa. Ora questo sarebbe un po’ lungo da raccontare nei dettagli…magari un’altra volta!

E certamente lo faremo
Queste “fasi” dell’amore mi parlavano di una zona profondamente irrazionale, quasi disumana del sentimento amoroso. Ho elaborato una struttura di brani da concerto, con commissioni di nuovi brani a compositori e con musiche antiche fino al Medioevo, che rispecchiassero queste fasi. Ma sentivo che non era sufficiente; avevo bisogno di una guida, di qualcuno che mi aiutasse a orientarmi in questo discorso.

Così è arrivato Camilleri
Poter conoscere Andrea Camilleri era allora solo un sogno, poterci lavorare insieme era vicino al delirio. Ho finito per fare entrambe le cose, e non potrò dimenticarlo mai.

Come mai proprio Andrea Camilleri?
Non poteva essere nessun altro. Vedevo i suoi interventi in cui parlava con una forza che mi scuoteva nel profondo. E questa forza si mischiava a un’ironia che era sintomo di una grande intelligenza, a un’umanità frutto di una profonda cultura…insomma, sentivo che era il momento giusto per cercare di conoscere Andrea Camilleri, è stata un’intuizione, una grande speranza.

Cosa ti ha colpito del vostro incontro?
Passare un pomeriggio con un grande scrittore cieco di novantatré anni a parlare d’amore è stata un’esperienza che porterò sempre con me. Porterò sempre con me Andrea Camilleri, soprattutto la profondità del suo rispetto per chiunque, per chi gli sedeva vicino, familiare o sconosciuto, parente o estraneo, coetaneo o con l’età di un suo possibile nipote. L’approccio umano e artistico che hanno quelli che mio padre chiama “i veri Grandi”. Con profonda emozione ho ricevuto la telefonata di Mariolina (una delle tre figlie di Camilleri) che da parte del Maestro mi invitava a conoscerlo nella sua abitazione. Sono entrato nella sua stanza, era seduto alla scrivania e mi aspettava. Quando mi ha sentito entrare, ha teso la mano nell’aria come a stringermela con un gesto energico, forte e accogliente.

Le prime parole che ti ha rivolto quali sono state?
“Allora, come posso aiutarla?”. Da lì è cominciata la nostra conversazione. Avremmo dovuto rivederci più avanti per registrare diverse sue letture di testi. “Dammi il tempo di finire il progetto su cui sto lavorando e di studiare per questo” – a più di 90 anni Camilleri era impegnato più di me (ride) -. Purtroppo quel primo incontro è stato anche l’ultimo, il Maestro è venuto a mancare poco dopo. Ma di quel pomeriggio serbo una registrazione preziosa, che è il cuore vivo del progetto sull’amore.

In che modo questa registrazione inedita di Camilleri farà parte del concerto?
Insieme a un mio caro compagno di avventure e splendido compositore Paolo Aralla, abbiamo selezionato e ritagliato degli estratti da quella registrazione. Aralla ha elaborato con l’elettronica le frequenze di quella registrazione, costruendo un incontro tra la voce di Camilleri e l’elaborazione musicale. In questo modo gli interventi di Camilleri faranno da guida nel concerto, intervallandosi con i brani per violoncello solo del programma. Il concerto è già stato programmato in diverse associazioni, che ringrazio sinceramente, ma aspetto che la situazione generale sia più definita per dare notizie concrete e ufficiali.

Potremo dunque ascoltare nuovamente le parole di Andrea Camilleri anche se lui non è più con noi?
Esattamente. Sono felice di questa possibilità per me e per chiunque fosse affezionato al Maestro Camilleri.

Raccontaci del programma.
Innanzitutto il programma sarà misto, dal Medioevo al Romanticismo, dalle canzoni antiche e moderne alla contemporaneità. Un vero percorso in più di mille anni di storia. E poi, ho una fiducia incrollabile nella musica, nei compositori, ma soprattutto nel pubblico.

Ma chi è il pubblico?
Il pubblico siamo noi! Il pubblico è ognuno di noi. L’abbonato è una persona – e non un biglietto pagato, una sedia occupata o due mani che possibilmente applaudono – che ha la forza e la determinazione di passare una serata ad ascoltare un concerto. Ti sembra poco?

Decisamente no, soprattutto in questa fase storica.
In un periodo culturale frenetico, in cui la televisione (i “social” per i più giovani) ha lo strapotere sulla comunicazione e sicuramente i concerti non sono al centro della vita culturale della società, in un momento in cui una larga disponibilità economica non è affatto scontata per le persone comuni, anzi semmai il contrario. In questo momento storico così difficile (per non parlare dell’emergenza sanitaria) una persona è disposta a uscire di casa magari dopo una giornata di lavoro o con la pioggia e il freddo o con cose in sospeso da fare, per spostarsi, pagare di tasca sua un biglietto o un abbonamento, e stare poi seduta un’ora e mezza in silenzio ad ascoltare della musica. E io dovrei cercare la strada più immediata per dare un’esibizione (e già questo termine non mi convince affatto) che possa incontrare un facile, superficiale quanto momentaneo consenso per me e una generica soddisfazione per quella persona? Non credo possa essere questo il momento musicale.

Qual è?
La musica è il momento del più profondo rispetto; anche nelle difficoltà, nelle incomprensioni. È il momento in cui l’altro ci dà fiducia e ci guarda per chi siamo, e nel farlo guarda anche se stesso. Si potrà essere sempre d’accordo? No, è normale. Ci si incontra, ci si confronta. Ma la fiducia e il rispetto tra chi suona e chi ascolta apre la strada a qualcosa di ben più profondo della semplice spettacolarizzazione dell’evento musicale, dell’affermazione personale, della pura spensieratezza da entrambi i lati. Se nel suonare hai portato te stesso e chi ti ascolta lo ha visto e ci si è posto accanto, allora c’è la sottile ma concreta possibilità che alla fine del concerto abbiate scambiato qualcosa di molto più concreto e forte, che tu e quella persona in quell’ora e mezza siate cresciuti insieme.

Cosa porti con te quando suoni?
I miei Maestri, tutti. Gli sono molto grato. Gli incontri che ho fatto, le letture, le riflessioni e le conversazioni. Il percorso di vita, sicuramente tutte le difficoltà e perché no anche quelle sicurezze che si sono trovate nel tempo. E ovviamente la vita privata. Ma questa è un’altra storia.

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