Quando il primo della classe prende il massimo dei voti è cosa regolare. Nessuno si sorprende, qualcuno potrebbe aver perfino noia a vedere il secchione non sbagliare un colpo. Quando però è il ripetente ad infilare il primo successo scolastico può scattar perfin la ola.
Ce l’ha fatta. Anche lui è arrivato alle divisioni con la virgola, la sua sufficienza vale in proporzione ben più del dieci di quell’altro, perché il ripetente, per una ragione o l’altra, partiva da molto, molto più indietro. Tanto indietro che in quella classe lì non avrebbe dovuto nemmeno starci.
Così il già deputato, capo politico e due volte ministro Luigi Di Maio, col considerevole ritardo di una decina di anni, ce l’ha fatta anche lui. Ha alfine riconosciuto la barbarie di certi argomenti e toni, illiberali e forcaioli, rivolti ora a questo ora a quello, dettati dal risentimento manettaro di una stagione che pare ormai volgere al termine.
Ha chiesto scusa. E, come si plaude allo studente in difficoltà ma comunque meritevole, così anche l’ultimo arrivato al convito dello stato di diritto è il bene accetto. Certo, resta il dubbio sul perché uno prima diventi ministro e soltanto poi si acconci alle regole che ministro lo hanno fatto, ma tant’è.
Il consesso democratico è luogo ampio e c’è posto per quasi tutto. Quasi. Perché tra il secchione e il ripetente c’è un vasto florilegio di fauna intermedia. C’è, fra gli altri, quello che sa la risposta giusta ma suggerisce sbagliato ai compagni. Losco figuro, che si annida tra i banchi a spargere venefici errori. Per rabbia, invidia o chissà quale tornaconto. Non si sa, nessuno lo ha visto mai fuori da scuola, e alle rimpatriate era sempre assente.
Così Marco Travaglio, sagace direttore, che non parrebbe troppo meno sveglio del Di Maio. Eppure ne critica i progressi, ne mina l’autostima allorché contesta che no, non bisognava scusarsi con un innocente per averlo trattato da delinquente. Additarlo al pubblico ludibrio era cosa giusta e spiace che il ministro si scusi per un errore che tale non era.
Ora, o Travaglio è davvero meno sveglio di Di Maio, e di ogni altro difensore della minima civiltà giuridica, e quindi non sa davvero di che cosa parla, e in quel caso gli è necessario ripetere l’anno, o sa bene come stanno le cose ma suggerisce le risposte sbagliate. Per rabbia, invidia o chissà quale tornaconto. Speriamo che almeno, finita questa stagione che pare ormai volgere al termine, non si faccia vivo nemmeno alle rimpatriate.