Dal mondo della scuola arrivano fin sotto l’ombrellone almeno tre notizie. Due non sono proprio liete, e la terza, che invece è bella, sarebbe bellissima se riuscisse a mettere in fuga la prima e la seconda.
Partiamo dalla bella perché noi all’ottimismo vogliamo più bene di quanto lui ce ne voglia. E, pertanto, guardiamo i voti della maturità 2021. In Italia hanno ottenuto il diploma di scuola media secondaria con 100 e lode 15.353 studenti, ovvero il 3,1 per cento dei candidati, nel 2020 erano stati il 2,6 e nel 2019 l’1,5. Il progresso c’è e si legge.
In Calabria hanno conseguito la maturità con voto 100 il 17,5 per cento dei candidati, mentre il 4,4 ha portato a casa anche la lode. I lodati sono la bellezza di 812.
Ci potessimo fermare qui staremmo bene tutti e le nostre labbra si aprirebbero al sorriso. A farci aggrottare le ciglia c’è, però, la valutazione della cosiddetta didattica a distanza (la dad) che certamente ha svolto la sua lodevole funzione vicaria, ma non ha – e non poteva – sostituire in pieno l’efficacia della scuola in presenza. La quale aveva già di suo asperità e difficoltà segnalate di anno in anno. La Dad è arrivata tardi per molti alunni, ha evidenziato penuria di attrezzi poi rimpiazzati e ha dovuto fare i conti con la Rete birichina e latitante in molti contesti.
Siamo adesso in grado di fare un bilancio di senso compiuto per gli anni scolastici 2020 e 2021? E’ impossibile sia pure affrontarne uno schizzo. Sapremo qualcosa alla riapertura in presenza quando avremo libri penne e fogli bianchi sotto gli occhi.
Se per gli effetti della Dad dovremo aspettare sperando di non incappare in sorprese sgradevoli, per un’altra fonte – che sarebbe l’Invalsi – non dobbiamo perdere tempo per riflettere sui dati che ci ha fornito dopo l’esame degli elaborati di 2 milioni di studenti. Dice l’Invalsi: 4 ragazzi su 10 (il 39 per cento) delle nostre scuole medie non raggiungono risultati adeguati in italiano e il 45 per cento non lo raggiungono in matematica. Alle medie secondarie le percentuali stanno così: il 44 per cento dei nostri ragazzi litigano di brutto con l’italiano e il 51 per cento con la matematica. E segue l’odiosa postilla “al Sud le cose stanno peggio”.
Se mettiamo insieme le tre notizie saprebbe qualcuno farsi una sia pur pallida idea di quel che bolle in pentola nella nostra scuola? Una specie di rompicapo.
Nel frattempo qualcosa sappiamo: che ai ragazzi piacciono le pagelle con bei voti che piacciono anche ai genitori che piacciono anche agli insegnanti che piacciono anche ai dirigenti scolastici e ai sovrintendenti e ai presidenti di regione. E ciascuno di costoro cui i bei voti piacciono ha le sue buone ragioni: il ragazzo, perché ce l’ho fatta; i genitori perché mio figlio è bravo e soprattutto non lo è meno degli altri; gli insegnanti perché con la bravura dei ragazzi evidenziano la loro; i dirigenti perché il loro istituto è eccellente; il sovrintendente perché la regione si sta riscattando e il presidente di regione perché la buona politica scolastica dà i suoi frutti.
Andiamo alla lettera che scrissero qualche anno fa alcuni intellettuali al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’istruzione e al Parlamento. Leggiamo: “Alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano ad esprimersi oralmente”. A questo si aggiunga il parere di alcuni docenti universitari: “I nostri studenti presentano carenze linguistiche (grammatica, sintassi e lessico) con errori appena tollerabili in terza elementare”. E infine c’è Tullio De Mauro (7 anni orsono): “Solo un po’ meno di un terzo della popolazione italiana ha i livelli di comprensione della scrittura e del calcolo ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società moderna”.
Buona festa a tutti. A ciascuno il suo 100 e 100 e lode, senza prevalere. Ma a quando una festa senza pensieri guastafeste?