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I bambini siano priorità al centro dell’azione politica

Conosciamo tutti l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) e sappiamo pure che quando parla – caso, forse, singolare in mezzo a noi – non usa aggettivi. Spara numeri. E i numeri vanno letti. Dietro essi ci sono uomini donne bambini. Li possiamo guardare da fermi, oppure seguire con le loro storie di vita. Noi, spesso, conosciamo storie. Qualche volta pensiamo che siano singolari, ovvero che di quel genere ne esista una sola. Poi arrivano i numeri dell’Istat e scopriamo che sì, è vero che ogni storia è singolare, ma è anche plurale, fino al punto che tutte insieme costituiscono fenomeni.

Uno di questi è l’emergenza bambini al Sud tra povertà, educazione e salute. Afferriamo questi ambiti e fissiamo l’occhio alle percentuali che – lo ripetiamo – non sono numeri, ma persone.

Il primo è la mortalità infantile.
Sappiamo di accostarci ad un dato importante: più l’indice è basso, più si eleva la stima per indicare la civiltà di una nazione. Nel 2018, l’Italia ha segnato il 2,88 per mille bambini nati vivi. Un indice tra i più bassi del mondo. Buon per tutti. Nel Mezzogiorno è nato il 35,7% di tutti i bambini italiani. I decessi infantili sono stati il 45% del totale nazionale. Questo vuol dire che un bambino residente nel Mezzogiorno ha un rischio del 50% in più di morire nel primo anno di vita rispetto a uno che nasce nelle regioni del Nord. Se solo, il Mezzogiorno, avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile del Centro Nord, nel 2018 sarebbero sopravvissuti 200 bambini. Sono morti, non li abbiamo.

Il secondo è la migrazione sanitaria pediatrica.
Da tutti i territori periferici si emigra verso centri meglio attrezzati. E fin qui riusciamo a capire. Nel 2019 è accaduto che bambini e ragazzi del Sud sono stati curati più frequentemente lontano da casa dei loro pari delle altre regioni. Del Sud l’11,9%, delle altre regioni il 6,9%. Si mettano insieme disagi, viaggi, problemi economici per le famiglie, assenze per lavoro, retribuzioni che si perdono perché non adeguatamente tutelate in origine, e si ottiene il conto spesa umana ed economica. Si conoscono, persino, storie di mamme in collocazione permanente accanto al piccolo e pernottamenti di padri nell’utilitaria, pranzo e cena con panino. E’ inutile aggiungere che questo tipo di trasferte forzate genera iniquità, poiché non tutte le famiglie sono in grado di sostenere i costi di trasferimento. Si sono dati i casi, ampiamente conosciuti, di collette intra famigliari e di altre estese alla comunità cittadina.

La povertà infantile.
Nel 2020 ha interessato 1milione 337 minori. Nel Centro Italia per il 9,5%, nel Mezzogiorno per il 14,5%. La povertà infantile genera ridotta qualità della vita, aumento delle malattie che possono svilupparsi anche nell’età adulta, disturbi e difficoltà nella sfera fisica, affettiva, cognitiva e relazionale. Queste diagnosi e proiezioni non sono certo fantasie costruite sui numeri dell’Istat, bensì scenari descritti da illustri pediatri. Uno per tutti, il Prof. Mario De Curtis, Pediatra dell’Università di Roma La Sapienza.

La formazione scolastica.
E’ una battaglia nazionale, anche inedita se vogliamo, quella che fa il nostro giornale da qualche anno in qua a proposito degli asilo nido per bambini con meno di 3 anni: il loro numero è impari al fabbisogno. Così come lo è quello delle scuole per l’infanzia, ovvero dai 3 ai 6 anni. E’ provato quanto siano importanti a livello scolastico, per l’avvio e la crescita delle relazioni sociali, per lo sviluppo della personalità in prospettiva futura. Nel Meridione, tutto questo, unito ai servizi integrativi, copre solo il 14% del bacino di utenza potenziale. Al Centro, la percentuale è moltiplicata per 3. Il Governo ha previsto tutto questo come priorità, investendo 4,6miliardi.

L’abbandono scolastico.
Abbandonano la scuola secondaria superiore ragazzi del Nord (11%), del Centro (11,5%) e del Sud (16,3%). Per la Calabria troviamo segnato un 16,6%. La terza del Mezzogiorno. Ma c’è abbandono anche dopo la sola licenza media. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e hanno un peso enorme: difficile trovare lavoro, minore partecipazione alle attività sociali, politiche e culturali.

Che cosa può dirci un quadro simile? La prima: a questo quadro va prestata la massima attenzione. I nostri bambini e ragazzi vivono di fatto una situazione più critica da un punto di vista sanitario, sociale ed educativo. La seconda: si tratta di una priorità da collocare al centro dell’azione politica. La terza: i fondi europei del piano Next Generation Eu aprono una grande prospettiva. Possono costituire per il nostro Mezzogiorno una singolare occasione di riscatto e di recupero. L’operazione è anche una sfida per l’Italia, se davvero vorrà darsi il profilo di un Paese più giusto e più equo.

Urgono: statura intellettuale, sensibilità politica, competenza e laboriosità. E non c’è tempo da perdere.

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