È il compositore Giorgio Battistelli, oggi direttore artistico del Puccini Festival, fra i nomi più riconosciuti in Italia e all’estero, il Leone d’Oro alla carriera della musica “per il suo lavoro di teatro musicale sperimentale e la sua intensa produzione operistica, realizzata dalle più importanti istituzioni europee”.
Lo ha deciso il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, accogliendo la proposta di Lucia Ronchetti, Direttore del settore Musica, che ha intitolato il 66. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, in scena a Venezia dal 14 al 25 settembre 2022, Out of Stage, dedicato alle nuove forme di teatro musicale sperimentale.
“La lunga e celebrata carriera di Giorgio Battistelli è iniziata negli anni Settanta con progetti di teatro sperimentale che sono diventati emblematici e fondanti della ricerca musicale nell’ambito della teatralizzazione del suono e della teatralità del gesto esecutivo. Come Experimentum Mundi del 1981, opera di musica immaginifica per un attore, otto voci naturali di donne, sedici artigiani e un percussionista, che ad oggi ha raggiunto le 400 rappresentazioni in Europa, Asia, Oceania e Nord America ed è considerato un caposaldo del teatro musicale strumentale; Jules Verne del 1987, fantasia da camera in forma di spettacolo per trio di percussioni, tre voci, tromba e pianoforte e Orazi e Curiazi del 1996 per due percussionisti” (dalla motivazione).
Battistelli è senz’altro il musicista più geloso della propria indipendenza che io conosca. Si tiene accuratamente lontano da parrocchie e consorterie d’ogni tipo, ma non dai più audaci tentativi di sperimentazione.
Daniel Charles
Nell’aprile 2021 Giusi Arimatea intervistò il Maestro per Notizie di Spettacolo (qui l’intervista completa), dopo mesi di chiusure dovute alla pandemia, quel è stato il pensiero di Giorgio Battistelli alla reazione che istituzioni e mondo della cultura hanno avuto?
Abbiamo avuto persone che hanno lavorato molto bene. Tra gli altri, Carlo Fontana, Salvatore Nastasi, Filippo Fonsatti, il ministro Dario Franceschini. Sono stati dati aiuti, va detto. Chi si occupa di questioni pratiche o meramente politiche non è stato distante dall’arte.
Si poteva fare di più? Si può sempre fare di più, ma è ingeneroso e riduttivo parlare solo di numeri. Il Ministero dovrebbe semmai spingere la creatività di artisti, manager, teatri, sovrintendenti. Si può azzardare mettendo in contatto le varie realtà, sul modello tedesco. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il Teatro Dell’Opera di Roma non potrebbero unirsi? La segmentazione della gestione indebolisce l’intero sistema. È il concetto di arcipelago cui facevo riferimento per la Toscana esteso a tutte le realtà. Le eccellenze artistiche vanno messe insieme. Tenere i teatri separati è un concetto di matrice ottocentesca, superato pertanto.
Oggi siamo più disponibili alle utopie e io sono ottimista solo se si guarda avanti. Non si deve, insomma, guardare indietro né star fermi. Le orchestre non sono numeri, sono formate da esseri umani che producono sentimenti. Stesso discorso per i tecnici, i macchinisti, tutti coloro i quali concorrono ad alzare il sipario. Dobbiamo offrire loro e dobbiamo offrire a noi stessi un teatro che contenga anche utopie e che, soprattutto, crei orizzonti. Non si va avanti senza un orizzonte da inseguire.
Giorgio Battistelli