Il Festival di Santarcangelo è il più antico festival di arti multidisciplinari d’Italia, nasce nel 1971 ed è un festival di portata internazionale realizzato a Santarcangelo di Romagna, piccolo paese di ventiduemila abitanti a 10 km da Rimini. Oltre a mettere in scena tradizionali esibizioni di danza, teatro e musica, si dedica alle arti contemporanee e anche ai fuori formato, sperimentando così tipologie e forme di spettacolo che difficilmente trovano spazio in stagioni teatrali. La principale peculiarità è quella di essere realizzato in spazi riconvertiti che normalmente durante l’anno hanno altri utilizzi e vengono poi riadattati per la manifestazione.
ilcaffeonline ha intervistato Roberto Naccari, Direttore Generale del Santarcangelo Festival, per sapere se ci sarà e come sarà il festival in conseguenza alle norme indotte dal coronavirus.
Come state pensando la riorganizzazione del festival? Sarà lo stesso che avevate pensato prima dell’arrivo del Covid-19?
Il nostro festival era in programma nel mese di luglio, dall’11 al 19. Abbiamo realizzato da subito due cose: la parte internazionale del programma, che ha un peso importante e che riguarda metà della nostra proposta – il 50 % è realizzato da operatori internazionali -, non sarà possibile attuarla, dall’altra che il nostro limite rispetto all’ipotesi di slittamento è quello estivo.
Il nostro è un festival che generalmente va in scena a luglio perché gran parte degli spazi che utilizziamo, come le scuole, sono liberi in quel periodo. Per questo stiamo lavorando sull’ipotesi di un festival più breve: 5 giorni a cospetto di 11 e uno slittamento delle date che può protrarsi al massimo fino all’ultima settimana di agosto. Stiamo pensando ad un festival a tappe senza ipotesi di annullamento, ce la sentiamo di gestire l’evento rispettando dinamiche di distanze per il pubblico, abbiamo spazi molto ampi e possibilità di fare performance all’aperto. La portata sarà comunque più limitata del solito, normalmente in 10 giorni facciamo complessivamente 150 repliche di 40 spettacoli, questo non sarà possibile. Ci scorderemo anche il mix di spazi al chiuso. Faremo quella parte di festival che è realizzabile con le regole del gioco e la collaborazione di artisti disponibili a ripensare il loro lavoro in una mutazione degli spazi e degli strumenti.
Non sarà una diminuzione del programma, ma una reinterpretazione del tempo che siamo costretti a vivere: l’impossibilità di stare vicini e la limitazione di movimento. Sarebbe impossibile fare il festival ignorando che siamo nel 2020 e che siamo in questa situazione che ha stravolto le nostre vite e che avrà un forte impatto sul nostro futuro. Non è una necessità indotta solo dalla situazione ma anche dalla mission del Santarcangelo Festival che si è sempre contraddistinto da forti contenuti politici e attuali. Non sarà quindi soltanto una riprogrammazione indotta dall’emergenza ma anche un’esigenza per raccontare il mondo che è cambiato e il tempo che ci è dato di vivere.
Quali sono le principali problematiche che state vivendo?
Le problematiche rispetto alla ripresa sono tante e di tanti livelli. Chiaramente non tutto quello che era pensato per il programma sarà realizzabile negli spazi all’aperto, per questo vorremo avere la possibilità di individuare tra l’autunno e l’inverno un periodo per realizzare comunque quello che deve necessariamente essere sospeso ora. L’aggravante è che quest’anno festeggiamo il cinquantennale della manifestazione, evento sul quale lavoravamo da due anni.
Inoltre se tutto il mondo della musica sconta il problema dell’assembramento degli artisti sui palchi, noi con un festival multidisciplinare avremo numeri più contenuti, ma problematiche che riguardano il contatto più forti. Non è pensabile danzare e fare teatro senza che ci si avvicini, a meno che non vogliono farci fare un festival di solo monologhi! Cercheremo per questo di capire se ci saranno delle eccezioni, come già stanno facendo con il mondo dello sport.
Data la posizione strategica di cui godete, il vostro pubblico unito ai turisti crea un grande indotto di persone che quest’anno probabilmente non ci saranno. Quale sarà l’impatto economico che scatenerà questa assenza?
L’impatto sarà fortissimo. Il pubblico che generalmente ci segue è composto di 12mila spettatori paganti più altri gratuiti. Il festival ha una grande storicità, è frequentatissimo da un pubblico affezionato e ha la particolare caratteristica storica di mescolare un pubblico specializzato con un pubblico occasionale, che non viene per uno spettacolo specifico, ma per respirare l’atmosfera del festival che nel corso della giornata ha respiri lunghi.
Tante persone che generalmente vengono quest’anno non ci saranno, sarà una grande mancanza per noi e per il turismo. Il nostro festival tra gli artisti, gli operatori e il pubblico riempie e satura tutte le attività ricettive del territorio e generalmente per far fronte a questo sovraccarico della parte alberghiera, gestiamo anche un campeggio locale e creiamo foresterie all’interno di scuole e locali.
Siamo a pochi km dal comprensorio turistico della riviera adriatica in un paese dell’entroterra completamente in piano, facile da raggiungere e anche per questo abbiamo sempre avuto grandi flussi dalla costa.
Come pensate di fare fronte a queste mancanze? Lo Stato è una figura vicino in questo momento? E gli sponsor invece?
Il buon finanziamento pubblico che abbiamo sarà l’ unico modo di continuare ad organizzare e pensare il festival. Le indicazioni che arrivano da parte del ministero sono positive, restiamo quindi in attesa. L’amministrazione pubblica locale e territoriale ci ha sempre dato un sostegno continuativo, lo stesso vale per la nostra regione che già in tempi di crisi ha aumentato il finanziamento destinato alla cultura. Possiamo quindi continuare a puntare sul finanziamento pubblico, sul piano privato invece e quindi sugli sponsor resta un grandissimo interrogativo, non si può in questo momento chiedere soldi ad aziende che stanno già in sofferenza, anzi forse dovremmo restituirli noi. Anche sul fronte degli incassi ci sarà una forte contrazione, non solo per la cassa del festival ma per tutte le attività collaterali che gestiamo e per tutti gli artisti che sono stati già contrattualizzati e che devono avere quindi la possibilità di tornare a lavorare.