Il Napoli Teatro Festival esiste da 13 anni ed è un festival sostenuto e finanziato in larga parte dalla Regione Campania e dal Ministero dei Beni Culturali. È un festival ricco di eventi che si svolge generalmente a giugno nella splendida città di Napoli. Ha una natura multidisciplinare e per questo è articolato in 12 differenti sezioni che vanno dal nazionale all’internazionale, dalla danza alla letteratura, dal teatro per ragazzi allo sport fino ad arrivare a sezioni speciali come la “sezione osservatorio”, dedicata alle compagnie giovani e meno giovani con difficoltà produttive, che non riescono ad avere la visibilità che meritano e che grazie alla vetrina offerta dal Napoli Teatro Festival hanno la possibilità di portare in scena i propri progetti. È un festival sociale in cui si accede a 200 performance con un biglietto che costa solo 8 euro (che diventano 4 euro se si ha una tessera Feltrinelli o se si compra una copia di Repubblica) e di 5 euro per gli under 30 (che con la stessa modalità di sconto diventano 2,50 euro). Per i pensionati l’ingresso è totalmente gratuito. Questa politica dei prezzi è stata uno degli aspetti più importanti di una rifondazione voluta dal direttore artistico Ruggero Cappuccio, che ilcaffeonline ha intervistato per conoscere la riprogrammazione del festival dovuta al coronavirus.
Direttore, la situazione del nostro Paese sembra lentamente tornare alla normalità. Questo vale anche per il vostro festival? Andrete in scena e se sì in che modo?
“Normalmente il festival si sarebbe svolto a giugno, quest’anno con l’emergenza sorta stiamo ipotizzando di andare in scena a luglio contemplando naturalmente tutte le regole di distanziamento necessarie. Il Palazzo Reale di piazza del Plebiscito a Napoli sarà la casa madre del festival al quale seguiranno altre spazi all’aperto su cui stiamo lavorando in questi giorni. I teatri al chiuso ovviamente per questa edizione saranno off limits, generalmente andiamo in scena in tutti i teatri della città e in numerosi teatri della Campania. Quest’anno perderemo il Teatro Politeama, il Teatro Sannazaro, il Teatro Bellini, il Teatro Nuovo, la Galleria Toledo e il Teatro San Ferdinando. Bisognerà ricalibrare tutto perché la natura degli allestimenti sarà totalmente differente rispetto agli scorsi anni, ma questa è una sfida che tutte le compagnie hanno accettato con grande slancio e generosità perché la legge di fondo di questo mondo è la creatività e i teatranti non hanno paura di affrontare questi aspetti.
Dunque ci sarete, e il vostro programma sarò lo stesso o subirà delle modifiche di tipo contenutistico?
Il programma non verrà assolutamente alterato in termini di artisti e contenuto, quello che andrà modificato saranno i luoghi, che verranno scelti con la cura e i fondamentali accorgimenti tecnici volti a mantenere alta la qualità dell’offerta. Sceglieremo luoghi che hanno una natura architettonica fondata sul raccoglimento. Certo non ci saranno graticci, sipari, quinte e camerini tipici dei teatri al chiuso, ma faremo in modo di ottenere il meglio dai luoghi all’aperto, privilegiando quelli acusticamente protetti e privi di inquinamento di rumori.
E gli artisti che avevate già preso in parola ci saranno?
Resteranno con noi tutti gli artisti che avevamo già contattato. Ovviamente si parla dei soli artisti nazionali, quelli che appartengono alla sezione internazionale ci raggiungeranno in una sezione del festival che sarà attivata in autunno o al massimo nei primi mesi del 2021. Stiamo lavorando sul tempo condizionale, ma siamo fiduciosi: le istituzioni ci sono molto vicine e si stanno battendo per rivendicare l’importanza del settore spettacolo dal vivo. Non dimentichiamoci poi che Campania è la regione italiana che a livello nazionale impiega sul piano della cultura l’investimento più solido di tutta Italia.
La politica dei prezzi del vostro festival è un aspetto molto interessante, oggi più che mai in un momento di grande difficoltà economica e sociale. Da quanto adottate questa offerta?
Il prezzo delle stagioni antecedenti al mio arrivo nel 2017 era di 34 euro, abbiamo deciso di farlo scendere vertiginosamente per dare testimonianza del fatto che la cultura in Italia è un servizio e il biglietto da quattro anni costa così poco rispetto al passato perché in questo modo è accessibile a tutti, a tutti gli italiani che pagano già i fondi per la cultura attraverso le loro tasse. Gli incassi del festival in questo modo rispetto al passato si sono perfino quadruplicati, facendo aumentare esponenzialmente anche le presenze arrivate a 90 mila spettatori per ogni edizione, che mediamente dura 40 giorni. Bisogna dare prova concreta del fatto che la cultura sia un bene accessibile a tutti.