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Governo Draghi occasione unica per superare divisione dell’area liberal-democratica in Italia

Continua il confronto avviato da ilcaffeonline sul modo in cui le tradizioni politiche italiane ed europee affronteranno i cambiamenti di scenario dovuti alla pandemia. Pubblichiamo il contributo di Gianluca Susta, già vicepresidente dell’ALDE Group al Parlamento Europeo e capo-delegazione della Margherita.

Il Presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, sul Corriere della Sera del 24 febbraio, ha posto con lucidità il tema della mancanza di riferimenti politici per l’area liberal-democratica nel nostro Paese.

Il ripiegamento su stessa della politica italiana, l’incapacità di guardare le vicende politiche al di là del proprio naso, l’incoerenza tra scelte nazionali e scelte europee di forze politiche e loro leadership che dovrebbero avere, invece, saldi riferimenti nelle famiglie europee, richiede oggi un cambiamento radicale di approccio e una coerenza coraggiosa, guardando proprio all’esperienza europea. Vale per tutti, ma vale soprattutto per l’area liberal-democratica.

Sono non da oggi tra i fautori di una “Margherita 2.0” che, in un quadro che pare orientarsi verso un sistema fondamentalmente proporzionale, guardi all’esperienza di Renew Europe, nata nel 2019, con l’ingresso di “En marche” di Macron, sulle ceneri dell’Alleanza dei Liberali e Democratici Europei, promossa dai liberali dell’ELDR (poi divenuto Alde party) e dal Partito Democratico Europeo (PDE) dopo le elezioni europee del 2004.

Per dirla in sintesi occorre riprendere quell’ esperienza e dare vita a una “cosa” che sia la proiezione politica in Italia di Renew Europe, che unisce il liberalismo dell’ “Alde Party” con la tradizione democratica e liberalsociale del Partito Democratico Europeo che, fin dal 2004, è stata la casa europea della Margherita presieduta da Francesco Rutelli.

La crisi di sistema sfociata nel Governo Draghi spinge le forze politiche a scomporsi e ricomporsi in un’ottica che ha come riferimento le grandi famiglie europee.

Mi pare di poter azzardare la previsione che in Europa il M5S verrà assorbito dal Gruppo socialista, presidiato da PD e LeU e l’intergruppo formato da queste forze in Senato, oltre alla rivendicazione dell’esperienza del Governo Conte II, siano segni inequivocabili della direzione presa dal nuovo corso della sinistra democratica e del PD in particolare.

Non si può, inoltre, non vedere la marcia di avvicinamento della Lega al PPE, da tempo “casa comune” di Forza Italia e UDC. E la stessa presidenza da parte di Giorgia Meloni del Partito Conservatore Europeo (ECR), che raccoglie la destra euroscettica e nazionalista, indica il profilo che vuole assumere Fratelli d’Italia.

In questo quadro solo la famiglia liberal-democratica, da sempre terza o quarta forza al Parlamento Europeo, parte determinate della “maggioranza Ursula”, resta priva di riferimenti nel panorama politico italiano.

Non so se Renzi voglia davvero indicare a Italia Viva questo obiettivo, come anche alcuni parlamentari a lui vicini hanno lasciato intendere nei giorni scorsi. Tutto lascia presumere di sì e ciò è bene e anche gli altri leader delle formazioni “di area” dovrebbero cogliere questa opportunità.

Penso che questo obiettivo sia ciò che si attende una fetta significativa di opinione pubblica; che in questa direzione va l’appello firmato da personalità di diversa estrazione apparso su Linkiesta qualche giorno fa, poi ripreso dal Corriere e su cui è intervenuto il Presidente della Fondazione Einaudi.

So che da sole Azione, Italia Viva, +Europa, Demos, Base Italia, ecc. non possono più concepirsi come “cespugli” sotto una metaforica e rassicurante “quercia”, in un centro sinistra di derivazione ulivista che non ha più senso in uno schema maggioritario bipolare travolto dagli eventi.

E penso che occorra riprendere, pur nell’emergenza che viviamo o forse proprio per questo, un disegno di riforma complessivo delle nostre Istituzioni che ripensi al rapporto tra Stato centrale e governance locale; al rapporto tra governabilità e rappresentanza; tra libertà economica e giustizia sociale, temi a cui la cultura liberale e democratica nonché il popolarismo hanno dedicato gran parte della loro elaborazione politica (si pensi a Sturzo, Dahrendorf, Popper, Ropke, solo per citarne alcuni).

Una sfida grande, in cui il riferimento alla Margherita non è tanto per la sua collocazione, visto che quella esperienza era funzionale a caratterizzare in senso “democratico”, all’interno di un sistema bipolare, un centro sinistra destinato ad essere invece caratterizzato in senso “socialista”quanto all”intuizione, che fu soprattutto di Rutelli, di dare vita ad un partito unendo e non dividendo ciò che c’era di disponibile e indicandone, immediatamente, la proiezione europea nella famiglia liberal-democratica.

Chi come me non vive (più) la dimensione politica nazionale e da tempo non frequenta “il palazzo” può dire che nella base del corpo elettorale la divisione in tanti frammenti dell’area liberal-democratica è vissuta come un grave e grande limite, che va superato con uno sforzo di generosità e di sapiente visione, analogo a quello che compirono nel 2001 i promotori della Margherita i quali non avevano meno ragioni di diversità e, in qualche caso, di risentimento tra loro per scelte precedenti, di quanto non abbiano oggi le formazioni e i leader che dovrebbero concorrere a definire questa operazione.

Ecco perché bisogna sforzarsi di includere il più possibile tutto ciò che si muove in quest’area, fin dai primi passi. A mio giudizio hanno…abbiamo… una sola opzione: provarci! Perché un’occasione come questa potrebbe non ripresentarsi per lungo tempo.

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