Dal 18 al 30 giugno 2022 è allestita all’Accademia di Belle Arti di Catania una mostra itinerante di Armando Milani, co-curata da Gianni Latino, intitolata Ubuntu. All’inaugurazione è stato presente il graphic design che forse più di tutti in Italia ha parlato, col segno, la lingua della pace, dei diritti civili, della tolleranza, dell’ecumenismo e del cosmopolitismo tra i popoli. Nell’occasione Milani ha tenuto una lectio magistralis seguitissima da un folto pubblico di studenti e follower.
Ubuntu è una parola di origine sudafricana che Nelson Mandela ebbe a pronunciare molte volte nella sua lotta epica contro l’apartheid. In estrema sintesi essa significa: io sono perché Noi siamo. Un messaggio di fraternità universale che Milani ha interpretato con due segni semplicissimi e di immediata leggibilità: un cuore rosso appuntato in una graffetta. L’icona che ne deriva è solo la punta dell’iceberg, perché la serie di manifesti presenti in mostra vi è intimamente consonante: un miscuglio di ‘cambi’ enigmistici in cui la sostituzione di una lettera, la sua sottrazione oppure l’aggiunta modificano il significato delle parole migrandole verso una dimensione pacifista. È il caso della A di War che una colomba in volo sottrae al lemma trascinandola verso l’alto, verso lo spazio vuoto in Pe_ce che così, compiutamente, diventa Peace (2005).
Nell’opera di Milani la parola è il segno grafico che modifica lo statuto del nostro essere al mondo, una chiara ‘poesia visiva’, saremmo portati a dire se lo stesso autore non si sottraesse alla natura poetica dei suoi interventi. Egli precisa e rivendica, invece, la sola forza del segno grafico, la sua chiarezza, l’immediata sua comprensione se e quando esso si spoglia d’ogni artificioso intendimento, rimanendo nudo e immanente a se stesso. Si prenda la E che percorre tutte le parole maggiormente significanti l’Unione Europea (2004): happinEss, pEace, tolErance, poEtry, resEarch, culturE, valuEs, Ethics, naturE; Milani le dispone una sotto l’altra formando un binario campito d’azzurro, come una via serena verso l’unità continentale. Oppure, per sottrazione, si prenda The forgoTTen conTinenT (2011), manifesto campito di nero (nero d’Africa > nero di lutto) il quale denuncia i milioni di bambini che ogni anno muoiono di stenti nel continente africano. Le t che diventano croci vi sono disseminate come su un cimitero australe.
Le meditazioni linguistiche di Armando Milani fanno parte di una campagna etica generazionale che potrebbe annoverare artisti come Oliviero Toscani, se non fosse che il medium del fotografo milanese è quasi interamente votato al marketing del brand Benetton. Oppure il Robert Indiana di Love, che negli anni sessanta elaborava una delle sculture maggiormente iconiche del secondo novecento, partendo da lettere-objet trouvé tinte di rosso. Anche in quel caso il valore fondamentale della scultura si rafforzava per via di scostamenti linguistici minimi: quella O che piega d’un lato, O, conferendo alla parola ‘amore’ un valore universalmente riconoscibile.
La tappa catanese, magistralmente allestita da Armando Milani e Gianni Latino, si arricchisce del contributo grafico di dieci docenti e quaranta allievi dei bienni specialistici di Design per l’editoria e di Design della comunicazione visiva, portando al numero di ottanta gli originari trenta manifesti. La mostra rafforza la vocazione internazionale che l’Accademia di Belle Arti etnea va costruendo da qualche tempo a questa parte. È la giusta direzione da intraprendere in una stagione fondamentale per l’affermazione culturale dell’Alta Formazione Artistica e Musicale in Italia.
Note immagine: Armando Milani all'ABACatania durante la lectio magistralis del 18 giugno 2022, mostra al pubblico il prototipo di Ubuntu. Ph. Alessandro Spitale