Uno/a dice: #iooggiesco. Il decreto maggio di Conte lo permette. Chi di noi non ha un congiunto o un residuo di fantasia per poterlo scovare nei sei gradi di parentela concessi? E se proprio, per essere fiscali, non riusciamo a trovare uno straccio di congiunto non sarà lecito congiungersi con se stessi, primo e indiscusso grado di parentela?
#iocomunqueesco ha ragionato cavillando su numeri, gradi, addizioni e dopo avere annusato dalla finestra l’aria tenuta in questi due mesi in doveroso distanziamento, ha cercato invano una giacca leggera in un armadio fermo ai rigori invernali e si è rassegnata a indossare il più leggero dei cappotti. Scarpe, infilate un po’ a stento dopo la liberalizzazione concessa ai piedi nel periodo pantofolaio, borsa, ricerca affannosa delle chiavi di casa. Scende leggermente turbata le scale e si trova davanti al portone. Chiuso. Aprirlo naturalmente. Aprire? E qui anche Amleto sarebbe più svelto nel risolvere la questione.
#ioesco? sa ormai, (è stato detto in ogni Tg, programma d’intrattenimento, talk show, comunicato, conferenza stampa, giornale cartaceo e online, social. È stato ribadito da ogni politico, autorità religiosa, volto noto, virologo, epidiemologo, immunologo, medico, sondaggista, scienziato generico, storico, scrittore, influencer, esperto qualificato, esperto improvvisato, parente, condomino dal balcone ) di essere anziana e pertanto facile preda del Coronavirus. Aprire?
#ioesco? sa che pur ritrovandosi nella categoria degli anziani, fa parte comunque di quella privilegiata. Vive da sola in un avvolgente contesto familiare e amicale. Ha lavorato a lungo ed ora si ritrova nel lusso di ore tutte sue per leggere, passeggiare, viaggiare, informarsi, divertire, oziare. Ha la mente lucida e, rapportandosi con gli altri, nessuno le chiede il certificato di nascita. E lei non lo chiede a nessuno. Se sta bene con qualcuno è perché hanno lo stesso sguardo sul mondo, non la stessa età. Da lontano ha gli stessi contorni dei 20 anni. Porta i capelli bianchi con la stessa provocatoria serenità con cui nel ’68 portava la minigonna. Questo fino a febbraio. Poi improvvisamente Coronavirus. I vecchi muoiono. Ogni giorno. Prima ad una cifra, poi a due, a tre, sfiorando pericolosamente le quattro. Ma anche a quel punto #ioesco? sa di essere anziana sì, ma ancora privilegiata perché protetta.
Deve restare in casa, è vero senza figli e soprattutto vivificanti nipoti divenuti improvvisamente potenziali nemici e untori. Ma le sue giornate si popolano di nuove e diverse presenze.
Telefonano persone di cui si erano perse le tracce, volenterosi novelli boy scout offrono servigi vari. Chiama finanche la banca , la posta, la farmacia, la parrocchia, il medico di base. A volte il macellaio. Figli e nipoti scoprono che il telefono oltre che per ricevere serve anche per informarsi, e guai a lei se durante la conversazione le scappa uno starnuto o, diononvoglia, un colpetto di tosse. Deve sorbirsi le spiegazioni su come si fa una video-chiamata e fingere che sia una sbalorditiva novità. È inondata da newsletter di giornali, musei, teatri, cinema, canali tv, emergenti comitati di supporto per gli anziani.
È segnalata. Tutti lo sanno. Gli altri e soprattutto lei: hai più di 65 anni? Sei anziano. Il Coronavirus ha ucciso anche l’ultimo tabù della nostra epoca. I diversamente giovani, i “non esiste un’età in cui si diventa anziani”, i non è mai troppo tardi, sono diventati dapprima numeri poi preziosi vecchi o i nostri cari nonni.
#ioesco? Con le chiavi in mano ripensa al libro di Thoroddsen “Doppio vetro” che ha ripescato nella libreria attratta da quel titolo così riassuntivo dei giorni che sta, stiamo, vivendo. Una donna anziana dietro la sua finestra, divisa dal mondo da un doppio vetro. Non ne sarebbe bastato uno? Quello che la società pone quando si entra nell’età matura, divisorio sì, ma con l’illusione della trasparenza che fa quasi dimenticare che ci sia. Barriera troppo fragile per pensare di non poterla superare e pertanto entrare ed uscire a piacimento dalla vita reale. E invece no. Il vetro è doppio e non è detto che non siamo stati noi stessi, a raddoppiarlo. Con le nostre paure, o forse solo timidezze, con il non sentirci più necessari, all’altezza. Con il timore di apparire a occhi giudicanti troppo giovanili o troppo vecchi. Di fare troppo o troppo poco. Con gli inevitabili inciampi nel decifrare il ritmo della vita. Lentezze nell’afferrare il nuovo. La donna dietro la finestra troverà (casualmente, fatalmente, predestinatamente?) il coraggio di romperlo quel doppio vetro e di avventurarsi nella realtà correndo tutti i rischi che comporta viverla la vita, non contemplarla da dietro i vetri.
#ioesco sa di essere l’ultima a cui il tempo potrà restituire ciò che in questi mesi – preziosi per tutti ma soprattutto per chi il tempo lo conta a giorni e non ad anni – le è stato rubato, ma sa anche che il coraggio di aprire quel portone lo troverà ripescandolo tra gli innumerevoli coraggi sedimentati negli anni. Forse sarà presa da una vertigine, no, non dovuta all’improvviso ventata di aria o al chiasso della città o alla gioia di essere fuori. Ma agli sguardi. Sì sentirà guardata con compiacimento, affetto, tenerezza, solidarietà. “Guarda, quella vecchina che passeggia. Che bello, ce l’ha fatta.” E magari il ragazzino che il coronavirus avrà (?) reso prematuramente consapevole del valore della salute, le darà il braccio per attraversare, litigando con il nipote che sbucato dall’indifferenza, lo avrà preceduto.
#iononcisto, vorrebbe tornare a oscillare pericolosamente in piedi sul tram mentre orde di giovani siedono incuranti chattando al telefono. Vorrebbe tornare ad essere una fra i tanti. E sì, il coronavirus forse (?) mi avrà risparmiato. Tocca a me ora a non risparmiare sulla vita.
Patologia: sindrome ambivalente da “Ilvecchiettodovelometto”
Terapia: tè 1 2 3 je m’en vais aux bois – libro “Doppio vetro” di Halldóra Thoroddsen
Tè verde 1 2 3 je m’en vais aux bois profumato con fiori e frutti della primavera, da bere aprendo la finestra.
“Doppio vetro” leggere intensamente dopo essersi assicurati di avere ritrovato le chiavi del portone.