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Il “nostro” giardino segreto

Non ho fatto pane, non ho curato l’orto sul davanzale, non ho pulito la casa. La mia vita non è stata stravolta dal lockdown, si è, come dire, concentrata, riconosciuta, essenzializzata. E sottraendo qua e là,  anche il giardino è stato abbandonato. Il nostro “Giardino segreto” ha subito altri abbandoni oltre quest’ultimo, il primo, storico, quando abbiamo detto addio a Nonna, alla casa che condividevamo con lei, all’infanzia.

“Un giorno lord Craven sotterrò la chiave di quel cancello così come aveva sotterrato la voglia di vivere e di amare perché chi avrebbe potuto trovare la toppa se n’era andata per sempre” (da Il giardino segreto di Burnett). Un giorno anche noi chiudemmo il cancello e semplicemente, senza sotterrare chiavi e tanto meno amore,  non lo aprimmo più. Fu necessario, nella storia di Burnett che arrivasse la giovane  Mary con un piccolo ordinario miracolo, o una magia per chi preferisce le favole, per far rifiorire le rose e la vita tra tanti sterpi, e nella nostra storia, la cocciuta determinazione, la pazienza e la  fatica di Emanuele,  per capire che “dal letame nascono i fior”.

E sì, perché il giardino aveva assunto l’aspetto di una discarica grazie all’originale concetto di “raccolta indifferenziata” di alcuni vicini, al vento di San Francesco che raccoglie e deposita di tutto dappertutto, al ricambio di foglie e erbe delle puntuali stagioni. “L’unica è chiamare un’impresa di giardinaggio” ci dicevamo guardando sconsolati quel disastro. Peccato che avevamo dato fondo a tutti i risparmi e i mutui possibili per la ristrutturazione della casa e non c’erano nemmeno gli spiccioli per il nostro piccolo pezzo di verde. Fu a quel punto che si mise all’opera Emanuele con  infinito ottimismo e  grande energia,  e a poco a poco anche gli altri cinque fratelli e poi Enzo l’indiscusso detentore della chiave, e alla fine, ma proprio alla fine giusto per le migliorie, io.

E eccolo il nostro giardino, dove “nostro” significava a nostra immagine e somiglianza. Un giardino che ruota tutto intorno al grande limone. Con tanti colori sgargianti come piacciono a Francesca; con tante lumache e zanzare e lombrichi che vivono indisturbati secondo i diritti degli animali proclamati da Annalisa; con un salottino di ghisa, alzatine traboccanti di verde, candele e lampioni sparsi secondo il bon ton di Maria Elena; con piante grasse dappertutto in modo che ogni nostro percorso è una via crucis di spine secondo i ricordi di viaggi esotici di Stano; con un angolo attrezzatissimo di barbecue secondo l’appetito di Maurizio; con un ripostiglio di attrezzature buono per i giardini del Quirinale secondo la pericolosa teoria del fai da te di Enzo; con un certo odorino qua e là secondo gli improrogabili fisiologici bisogni di Akim; con un proclamato ma inutile tentativo di pianificazione. Con un vassoio con tazze fiorite, per restare in tema, pronte naturalmente per “un tè in giardino” ai vari gusti di fiori secondo i miei umori.

Il “Nostro giardino segreto” è sopravvissuto in questa veste ai cambiamenti e agli stravolgimenti della famiglia. Alle partenze e ai brevi e condensati ritorni, alla ordinaria solitudine a due e allo straordinario affollamento, al silenzio e al rinnovato chiasso, alle solite facce e a quelle nuove. Lo guardo adesso attraverso il cancello, di nuovo abbandonato, quasi una discarica. Che fare? A differenza di lord Craven non ho sotterrato la chiave e la toppa è a portata di mano. Questa volta non c’è la disponibilità di Emanuele né di tutto il corredo di energie familiari. Magari chiamerò quell’impresa di giardinaggio, tanto mutui da pagare e ristrutturazioni da fare non ce ne sono più.

La chiave gira facilmente nella toppa, il cancello aprendosi non cigola, nemmeno un po’ di ruggine. Un piccolo miracolo. L’impresa ne farà poi un ulteriore riportando bellezza e armonia. Gli andirivieni della vita ne faranno ancora un altro armonizzando i tempi per farci ritrovare ancora qualche volta insieme, tutta la famiglia. E fermiamoci qui, non possiamo pretendere altri miracoli. Staremo però attenti a cogliere tra le foglie del limone quel refolo che attraversa il tempo, le storie di una volta e quelle di oggi.

Patologia: tendenza a stati di abbandono
Terapia: tè Jardin bleu, da bere esclusivamente in un giardino e in tazze fiorite.
Libro: “Il giardino segreto” di Frances Burnett nella versione pop up, da guardare soltanto, e guardando inventarselo un personale giardino segreto.

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