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Linee guida per il rientro a scuola: rispondere per le rime

Pochi giorni fa sono finalmente state pubblicate le linee guida ministeriali per il rientro degli studenti a settembre. Per riuscire a lavorare nella scuola, si attinge ad ogni riserva di positività, quindi partirò da due parole che leggo molto volentieri, nelle 54 facciate del pamphlet: presenza e valorizzazione.

A quasi 45 anni, cioè a metà strada fra i docenti più giovani, buttati con poca esperienza nell’anno scolastico più difficile dai tempi delle guerre, e quelli vicini alla pensione, alla disperata scoperta della tecnologia, ritengo di aver saputo erogare una discreta dad, ma sono certa che la presenza fisica a scuola, sia una condizione irrinunciabile, perché essa è fatta di persone – non account! – banchi, palloni e gessetti. Valorizzazione è, o dovrebbe essere, la parola più preziosa per un educatore: perché ogni ragazzo è diverso, con tutte le sue imperfezioni, ma, soprattutto con tutti i suoi talenti da far fiorire. E, questo, in generale, deve allargarsi alle classi, ai plessi, agli istituti, pieni delle persone di cui sopra. Ma queste linee guida contengono anche molti concetti discutibili, che, lungi dal chiarire, mi pare portino altre incertezze.

Ad esempio: avete mail provato ad attuare anche un piccolo intervento a casa vostra, che so, rifare un bagno, con tutta la burocrazia e i costi e i tempi, mai veramente preventivabili? Bene nella pubblicazione, così tanto tardiva, si accenna ai possibili lavori da fare negli edifici scolastici. Certo fra luglio e agosto, nel mondo reale, sarà molto probabile che si appaltino le progettazioni, si ottengano i permessi, si bandino le ditte, si strutturino impalcature o impiantistica per decine di metri di cubatura.. come no. Ma chi vogliamo prendere in giro?

Questa parte delle linee guida è uno specchietto per le allodole, onde poter affermare che si è fatto di tutto per ammodernare e mettere in sicurezza le scuole, ma ciò è poi risultato inattuabile per ragioni indipendente dalla volontà istituzionale. Mettere – letteralmente – in cantiere queste opere negli scorsi mesi di chiusura delle scuole? Nooooo troppo logico. Farò un esempio che ho trovato esilarante. Prendetevi il tempo di andare a cercare, fra quelle pagine, le voci “persiane” e “infissi”, per rifare tre semplici finestre. Se in una, volete sostituire una parte della persiane, dovrete riferirvi alla “manutenzione interna”, se però, nella finestra a fianco, dovete cambiare tutta la persiana, seguirete l’iter per “manutenzione ordinaria”; nella terza è rotto l’infisso? Quello fa tutt’altra procedura, ossia “manutenzione straordinaria”. Moltiplicate per ogni finestra scolastica italica, che potrebbe dover essere sistemata, e fatevi qualche domanda sulla coerenza del concetto di “semplificazione burocratica”.

Passiamo alla geniale idea di non misurare la temperatura agli studenti, affidandosi al buon senso delle famiglie (spesso impossibilitate a perdere giorni di lavoro e che quindi mollano creature catarrose negli atri, ad ogni campanella). Poche righe dopo, si legge che la scuola deve gestire “le sintomatologie e la febbre” con l’immediato isolamento del malato. Ora dirò un’altra ovvietà: come verifico la febbre senza misurarla? Come diagnostico una “sintomatologia” senza essere medico? Migliaia di euro spesi per consulenti ministeriali e ne escono queste contraddizioni?!

Due cose, solo due, volevamo sapere e questi stuoli di pediatri, pedagoghi e psicologi non ce le hanno dette: 1) come convincere i ragazzini a non toccarsi fra loro (a 6 anni per delle ragioni, a 15.. per altre) 2) come assicurarci di non richiuderci a breve in quarantena, quando ci sarà un banalissimo colpo di tosse in un’aula. Infatti non compare in nessunissimo punto delle 54 pagine, se allora dovremo mettere in quarantena chi, al momento del colpo di tosse, si trova nella classe o nel piano o in tutto l’istituto! In pratica, non c’è alcuna indicazione sul più ovvio dei quesiti: dobbiamo chiudere, se qualcuno sta male? Questo naturalmente i consulenti – che guadagnano molto più dei docenti, al pari di equipollenti lauree – non lo scrivono. E si sa che alle domande, rispondere è cortesia. In questo caso ci hanno risposto per le rime, intendo le burocratiche rime buccali da distanziare un metro. Certo, se convinci milioni di ragazzini a stare fermi, immobili e seduti.

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