Si, esistono ancora spiagge così. Che se la casa affaccia sul mare e ti alzi presto e ti prepari un tè e con la tazza in mano trovi sul bagnasciuga la sorpresa di un castello di sabbia che il mare notturno ha salvaguardato e il sole è sorto da poco dietro le colline e sono sbocciati alcuni gigli di mare che dureranno giusto un mattino… hai la certezza che ogni giorno è un nuovo inizio di vita. E che questa vita incomprensibile, complessa, misteriosa, sofferta o goduta ha di suo un’essenza invincibile di bellezza.
Esistono ancora spiagge, in Calabria ma anche altrove, dove non ci sono lidi e gli ombrelloni vengono piantati distanziati l’uno dall’altro, ma non tanto che non ci si possa spostare da un’ombra all’altra o non si possa chiacchierare da una famiglia all’altra, perché tanto ci si conosce tutti e sono tanti anni che si torna puntuali, sempre gli stessi con l’aggiunta di qualche bambino o fidanzatino/a o ospite nuovo ed è grande festa, a volte invece ci si guarda intorno e il cuore ti pare che si blocchi quando capisci che c’è una mancanza non momentanea ma definitiva.
Esistono ancora spiagge senza lettini attrezzati e succinti ragazze e ragazzi che prendono le ordinazioni, e via vai di barche e moto d’acqua con ogni confort, al massimo la barca di Stefano il pescatore.
Se esistono ancora spiagge come questa che si svelano con facilità e semplicità se solo si sentono desiderate, non è detto però che tutte abbiano in dotazione un Capitano che guidi la rotta distribuendo ciambelle. Questa spiaggia ce l’ha.
Puntuale preciso instancabile, ligio al dovere e agli orari, lungimirante e coraggioso, elegante e socievole quel tanto che si addice al suo rango. E naturalmente con il fischietto. Ah il fischietto sotto la mascherina! Richiamo perentorio e allegro che sprona al dovere, che ti fa balzare in piedi, che risveglia appetiti sopiti e inconfessati. E sì, la ciambella del Capitano è di sproporzionato diametro, dimentica di forno e rigorosamente fritta, abbondantemente ricoperta di uno strato di zucchero a velo che il Capitano sparge con gesto ampio del braccio facendolo cadere dall’alto con gratuita generosità.
Dimentichi di prova costume, di diete e di regole salutiste ci abbandoniamo al piacere del primo, del secondo e di tutti i morsi necessari per arrivare alla leccata finale dello zucchero che ci è restato sulle labbra. “O capitano, mio capitano” anche tu non disdegni la gloria, seppure di una stagione balneare, anzi la vai cercando facendoti fotografare e raccontando che tu e le tue ciambelle siete addirittura su youtube.
E per riaffermare che “Tutte le cose più belle della vita o sono immorali o illegali o fanno ingrassare”, aggiungiamo al tè dei fichi freschi. Io li ho raccolti dell’albero di fronte alla mia stanza e pertanto ho potuto sistemarli sul vassoio ecologico di una grande foglia. L’esperienza di raccogliere fichi è unica, nello stesso tempo esaltante e appiccicosa. Per quanto vi laviate le mani non vi libererete dal miele che immancabilmente colerà.
Basta così ? No. Per raggiungere la perfetta letizia portiamo un libro sotto il braccio. E visto che di capitani abbiamo parlato apriamo “Foglie d’erba” di Whitman perché solo la poesia può trovare le parole e i silenzi per sostenere tanta bellezza.
Patologia: sindrome di Stendhal nella variante ecologica
Terapia: tè mattutino da bere passeggiando sulla spiaggia. Libro: “Foglie d’erba” di Whalt Whitman, da aprire a caso sperando di incappare in “O Capitano! Mio Capitano”.