Il presidente americano ha vinto alla grande le elezioni del 2016 grazie all’ampio sostegno degli elettori bianchi. Quest’anno, invece, Trump è costretto a rincorrere Joe Biden soprattutto perché una parte di quegli elettori sono tornati a votare democratico e in più di un sondaggio sembra che, in alcuni swing-state, Biden abbia conquistato perfino la maggioranza (sia pure risicata) degli elettori bianchi.
Ma quella di Biden non è proprio una fuga. È in testa con un vantaggio di sei punti percentuali secondo la media nazionale dei sondaggi del New York Times e dall’inizio dell’estate è sceso di quasi dieci punti. Che sta succedendo? In buona parte, Biden è alle prese con il voto ispanico. Sebbene abbia fatto appello ripetutamente al nazionalismo bianco e abbia criticato aspramente gli immigrati, tra i latinos Trump potrebbe fare meglio del 2016 e conquistare più di un terzo di quegli elettori, anche se, nel frattempo, arretra tra l’elettorato bianco.
Una spiegazione possibile (e, nel lungo periodo, preoccupante per i democratici) è che gli ispanici stiano seguendo un cammino non molto diverso da quello dei precedenti gruppi europei di immigrati, come gli italiani o gli irlandesi. Man mano che si assimilano, diventano dei democratici meno «affidabili». Semplificando brutalmente, prima hanno votato per F.D.R. e poi per Reagan.
Ross Douthat, un columnist del New York Times, sostiene che la relativa forza di Trump tra gli ispano-americani sia un segno che i democratici hanno frainteso la politica della razza. I liberal spesso tracciano una linea di demarcazione tra i bianchi e le persone di colore (come suggerisce l’acronimo BIPOC: Black, Indigenous and people of color). Ma questa ripartizione binaria non riflette la realtà, sostiene Ross.
Anzitutto, come ha osservato Andrea Gonzàles-Ramirez, circa il 53% dei latinos si identificano come bianchi (il che, scrive, «può fare la differenza nelle elezioni del 2020»). Altri non lo fanno ma sono conservatori: sull’aborto, le tasse, Cuba o altre questioni. In alcuni Stati, in particolare i maschi ispanici, sembrano sostenere Trump apertamente, come ha rilevato Stephane Valencia di Equis Research, un’agenzia di sondaggi.
Un recente sondaggio relativo a quattro Stati in dubbio, ha registrato alcune di queste dinamiche. La maggior parte degli elettori ispanici sostengono che Biden non abbia fatto abbastanza per condannare i disordini, dicono che abbia sostenuto l’idea di tagliare i fondi alla polizia (il che non è vero) e affermano di opporsi a quei tagli. Peraltro, anche la maggior parte degli elettori neri si oppongono al «Defund the police». La cosa serve a ricordare che gli attivisti e gli scrittori progressisti ben istruiti (di tutte le razze) sono ben più a sinistra della maggior parte dei neri, degli ispanici e degli elettori asiatici su tutte le questioni principali. Questi gruppi, in effetti, sono tra le parti più moderate della coalizione democratica per diversi aspetti importanti. Se i democratici non si misurano con questa realtà, rischiano di perdere una parte di quegli elettori (anche il podcast recente di FiveThirtyEight si è soffermato sul tema della relativa forza di Trump tra gli elettori ispanici).
Specie se si considera che, sebbene la campagna presidenziale finora si sia focalizzata principalmente sulla pandemia e sull’economia, le cose potrebbero cambiare. Anche perché la vicenda della Corte suprema potrebbe rapidamente diventare un punto dirimente per entrambi i candidati su questioni che vanno dall’aborto ai diritti dei gay, dalla libertà religiosa alla regolamentazione dell’ambiente. Joe Biden e i democratici cercheranno di legare indissolubilmente il posto vacante alla Corte suprema al futuro dell’assistenza sanitaria in America e con 23 seggi repubblicani al Senato in ballo, la lotta per rimpiazzare il giudice Ginsburg non rimarrà concentrata a Washington e si svilupperà in tutto il paese. E il denaro e le pressioni delle lobby si faranno sentire.