Nei giorni in cui l’Italia cominciava ad accapigliarsi su di una lineare, comprensibile e responsabile crisi di governo, certamente adeguata al contesto di un epocale flagello sanitario, la Germania si gingillava con robette di più corto respiro: il futuro suo, e quindi dell’Europa, per gli anni a venire. Perché questo è stata l’elezione di Armin Laschet a presidente della CDU il sedici di gennaio corrente anno: un abbozzo di futuro.
I congressisti da remoto della Democrazia Cristiana tedesca erano chiamati a tratteggiare la linea del dopo Merkel. Il più grande partito del più importante Stato europeo doveva cioè, fra le altre cose, decidere se confermare o discostarsi da ciò che la sua popolarissima cancelliera gli lascia in eredità. Era una scelta dirimente anche perché il presidente della CDU ha alte probabilità di essere il candidato del partito alle elezioni generali e a quel punto, a meno di disastri, il futuro cancelliere.
Laschet è percepito come la scelta in maggiore continuità con la Merkel. Se il quasi sessantenne presidente del Nord Reno Vestfalia potrà poi davvero essere all’altezza della statista venuta dall’Est solo la storia potrà dirlo, ma i delegati che lo hanno votato hanno già comunicato alcune cose di grande importanza. Hanno anzitutto detto no ad un’apertura all’AFD, cioè al partito tedesco di estrema destra al quale non pochi di loro avrebbero voluto invece concedere credito per escludere i Socialdemocratici dal futuro governo, e condizionare l’eventuale alleanza con i Verdi.
Poi quei delegati hanno sancito una continuità con la linea europeista recentemente inaugurata, il che non è poco considerato che è solo grazie a Merkel e a una pandemia se la Germania, e dunque l’Europa, ha infranto il tabù del debito comune. Laschet è stato eurodeputato, ed è la prima volta che un politico con una connotazione così fortemente europeista prende la guida del maggiore partito tedesco.
Infine, i delegati hanno incoraggiato la ricostituzione di una lealtà atlantista che nell’ultimo quadriennio non poteva più essere data per scontata. Complice l’elezione di Biden, e soprattutto l’ancestrale timore americano di un asse Mosca-Berlino, Germania e Stati Uniti dovrebbero trovarsi almeno un po’ più vicini di quanto non siano stati di recente.
Di questo si discuteva in Germania mentre più nobili vicende attiravano l’attenzione in casa nostra. Vero è che se Berlino continuerà la linea appena inaugurata i nostri conti pubblici affronteranno acque più tranquille, l’Unione Europea si rafforzerà e potremmo forse perfino archiviare certi rigurgiti nazionalisti, ma è vero anche che al cuor non si comanda e più che per le vicende di un grigio burocrate tedesco il nostro cuore romantico preferisce battere per quelle altre, fuori tempo massimo, dell’onorevole Ciampolillo Alfonso, detto Lello.