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Riprendiamoci la vita

E’ veramente bella e vera la Calabria di questi giorni di luglio e di agosto. Bella per i suoi colori, il mare, le colline, la vita all’aperto, le case che si riaprono.

C’è stato torpore, solitudine e anche isolamento a causa della pandemia. Abbiamo fin troppo dovuto rinunciare alla nostra indole più o meno estroversa, sono mancati gran parte di quei riti che ci offrivano la possibilità dell’incontro, del fare festa, di comunicare. Un netto comando ha spento l’interruttore generale di quei segnali che tutti solevamo scambiarci: abbracci, baci, sorrisi, lo stare gli uni accanto agli altri con una prossimità che per noi è parlarsi più con il corpo che con le parole.

Luglio e agosto verranno a restituirci buona parte del patrimonio a noi caro, sia pure con quegli accorgimenti doverosi perché tutti sappiamo che il pericolo non è stato scongiurato del tutto.

Ma almeno tornano i volti, le bocche e i sorrisi. Tornano, prima ancora, le persone: padri e figli di quelle generazioni di ceppo calabrese che vivono altrove, e così avremo nonni restituiti agli occhi dei nipoti e nipoti che faranno la contentezza dei nonni.

In pratica, una vita più piena e più vera. Appunto quella di cui sentiamo tutti un gran bisogno perché è triste e avvilente una vita a metà. Questa estate andrà tutta sotto l’insegna del recupero, almeno ce lo auguriamo. Non dovesse esserci, saremmo costretti a dover registrare una grave perdita di umanità. Non si tratterebbe più di soldi, di ammanchi o di bocciature per i bilanci familiari o di impresa, ma di una vera e propria sterzata, una specie di deviazione del nostro essere più profondo e originale. Si può dire: una mutazione antropologica? Dovremmo chiedere il permesso agli studiosi.

Nel frattempo ciascuno di noi può parlare di sé stesso e, da un breve esame dei propri comportamenti, dedurre quanto e in che modo questa pandemia, con la sua dittatura precauzionale, ha limitato vita, abitudini, emozioni. I ragazzi sembrano più taciturni, gli anziani parlano poco e quelle poche parole obbligate le pronunciano urlando per effetto di quella mascherina che le fa ritornare in bocca come sassi odiosi.

Basta un virus e la nostra umanità è messa in forse, se non proprio in fuga. Desidereremmo dirci altro in questa estate come sempre ci siamo detto e ripetuto opinioni e confronti riguardo alla politica, al progredire del Sud, al suo trovarsi puntualmente indietro su tutto. L’estate è sempre stata per noi il tempo dell’approfondimento: le notizie apprese altrove durante tutto un anno richiedevano un esame dal vivo, fatto di mille e un “perché”: perché non funziona la burocrazia, perché non funziona la sanità, perché il mare è sporco e l’immondizia la trovi ovunque?

Questa estate metterebbe all’ordine del giorno una questione obbligatoria: per chi vota la Calabria o che tipo di governo vorrà darsi. E’ l’incertezza che regna sovrana, per cui temiamo che la domanda non troverà spazio neanche sotto l’ombrellone, tanta e profonda è la sua vacuità.

Non è qualunquismo, forse è timore per la marginalità della posta in gioco, se prevediamo che la questione appassionerà pochi. Non è tema cocente. Altri problemi scottano più della sabbia. Si tratta di ritrovare, per prima cosa, noi stessi. Un po’ dopo: che cosa vogliamo fare da grandi. E un po’ prima, se realmente vogliamo fare sul serio.

Per non perdere una buona occasione: facciamoci una bella estate per riprenderci noi stessi. A settembre faremo vendemmia.

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