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Stati di smarrimento

Se a 73 anni perdi il bancomat, non hai perduto il bancomat ma la tua lucidità. È questo che leggi nelle parole, negli occhi e finanche nei gesti di figli, nipoti, o chiunque ne venga a conoscenza e abbia meno di 50 anni.

“Ho perso il bancomat, mi sarà caduto nel taxi, l’avevo in mano insieme alla ricevuta e poi,  apri sportello (inciso: per quanto costa un taxi il tassista non dovrebbe almeno aprirti lo sportello?), prendi borsa e tutto il resto…oppure davanti al portone,  chiavi che non si trovano, pacchetti tra le mani, chiave recuperata ma sbagliata…

“Ma sì,  Mamma, non preoccuparti capita. Capita a tutti” e ti prende pure sottobraccio, dovessi inciampare confusa come sei. 

Quando mai un figlio, o almeno uno dei miei figli, ha giustificato la minima disattenzione di un genitore? Non ci hanno sempre dato addosso, a torto soprattutto o raramente a ragione? Non ci hanno sempre fatto pesare qualche insignificante innocente innocua mancanza? Non ci hanno sempre rimbrottato rinfacciato rimproverato la più lieve sbadataggine? 

Ed eccoli ora tutti insieme a accordare un coro di Non fa niente, Succede, Sapessi quante volte a me, Non è la fine del mondo, L’importante è che tu stia bene… Controllo lo Stato di famiglia. Sono sempre loro, i miei figli o dei figuranti?

“No, la verità è che sono stata sciocca, sbadata. Mi sono confusa perché il tassista era seccato che non volessi pagare in contante”.
” Ma no, che dici? Hai fatto bene a usare il bancomat. Sei stata avveduta, meglio che non ti porti dietro contanti”, seguono sguardi e cenni di sottecchi.

“Nonnina, ma sei sicura d’averlo perso? Magari l’hai messo da qualche parte e non ricordi. Non ricordi mai dove metti il telefono,  gli occhiali…” e la lista si prospetterebbe infinita se Francesca non fosse perentoria: “Tu a studiare che domani hai la verifica”. Ester si allontana, ma non si allontana il sospetto dagli occhi del Sinedrio. Intanto qualcuno illuminato dall’intuizione della sveglia Ester, si allontana, quatto quatto, mentre arrivano tramestii soffocati di rimestio di carte, portafogli, sacchetti , tasche della giacca, fino alla sussurrata conclusione: No, non c’è.  L’ha perso. 

” Badate che ancora ci sento, per quanto sosteniate il contrario”.
” Ma certo che ci senti” risponde Emanuele con un volume da 10 decibel.
“A quest’ora mi avranno prosciugato tutto il conto”. 
“Ma non pensarci nemmeno. Chi vuoi che sappia il pin?”.
“Si può usare anche strisciando” e malgrado tutto non posso evitare il recondito orgoglio di possedere mezzi elettronici così moderni ed usarli con disinvoltura.
“Abbiamo già bloccato la carta”. Questo significa che ci sarà tutta una trafila per ottenere un nuovo bancomat e sono ancora reduce di quella per la carta d’identità elettronica. 

Sospiro (ma vi avverto in questi casi meglio respirare regolarmente) e tutte le braccia disponibili sono pronte ad accompagnarmi al divano.

” Tu ora ti stendi bella tranquilla e io ti porto una bella tazza di tè. ” Il tono dolce e carezzevole è quello che usavo io quando si sbucciavano le ginocchia, manca solo il bacino sulla bua.

Comunque finalmente una cosa sensata. Vi avverto, se dovete perdere il bancomat, (prima o poi succede) fatelo quando avete 20 anni.

Patologia: stati di…smarrimento
Terapia: una bella tazza di tè,  state pur certi che vostro malgrado ve la zucchereranno, e ripassate un libro che vi ho già consigliato… Ma qual era? … Di Benni, mi pare…Mi sfugge il titolo… Voi lo ricordate? È già tanto se ricordiamo dove l’abbiamo messo.

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