Tema: Ultimo giorno di scuola. Traccia classica di fine anno dei miei tempi, ora non più. Ma tant’è. In questo periodo di lockdown abbiamo fatto tante di quelle cose che non si facevano più, dal pane alle serate in famiglia, dal riempire la dispensa temendo tempi di magra al rispolverare abiti vecchi, dal tracciare invalicabili frontiere tra regioni a comunicare solo a distanza con i familiari lontani, dal partecipare virtualmente a messe, mostre, spettacoli, al riconsiderare di nuovo focolare domestico lo schermo TV. E allora sarà pur concesso svolgere un tema in due colonne su questo anno scolastico che è finito.
Ma quale ultimo giorno? Quello di Francesco che aveva appena cominciato a capire che c’era un altro posto oltre la sua stanzetta dove trovare, invece della mamma, la maestra, altri bimbi con cui giocare, litigare, mangiare, altri giochi e canzoncine e colori e matite? E il cortile con i trenini e i girotondi e Iaia e Davide da rincorrere. E graffiarsi le ginocchia e piangere solo un poco perché Filippo quando cade non piange. E uscire di casa ogni mattina freddo o non freddo, pioggia o sole. E piagnucolare un poco quando la mamma lo lascia e poi correrle incontro in un abbraccio perché ha imparato che torna. Francesco nemmeno lo sa che oggi è l’ultimo giorno, che non ha fatto lo spettacolino, e non gli hanno dato il diploma “Primo anno di Scuola Materna” e la cartellina con tutti i lavori che non ha fatto, e che non ci sono stati i baci delle maestre, dei compagni, delle altre mamme. Francesco da grande probabilmente non lo avrebbe ricordato questo ultimo giorno di asilo, eppure da qualche parte, in un sogno in una sensazione in un trasalimento, l’avrebbe riconosciuto quel giorno dimenticato.
Quale ultimo giorno? Quello di Valeria che si era affacciata col batticuore in prima media (chi saranno i nuovi compagni, saranno severi i prof, sarò vestita nel modo giusto, non farò qualche figuraccia, non sarà troppo difficile?), e poi i compagni erano diventati amici e i prof, tranne “Non fiatate” erano simpatici, e nessuno faceva caso a come ti vestivi, tanto eravate tutti vestiti uguali, e sulle figuracce a turno ridevate tutti di tutti, e alla fine anche le equazioni le avevi capite. E ora non dico la gita scolastica, ma nemmeno una pizza fra risate spintoni richiami a bocca piena. Ma nemmeno una foto tutti allineati, da ritrovare casualmente un giorno e dire guarda Alessandra com’era grassa, e che fine avrà fatto Giuseppe, quante risate con Federica, e chi immaginava che Margherita e Alessio e Ugo e Daniele e Isabella e Lorena, e questa come si chiamava? E le ultime ore con i prof che improvvisamente hanno dimenticato di avervi minacciato note e bocciature, di avervi inchiodati ai banchi e sorvegliati come nel 41bis durante le verifiche, di avervi tacciato di generazione perduta dietro il web e di avervi sequestrato i telefonini, e ora vi dicono che una classe come la vostra non l’hanno mai avuta e che alunni modello come voi non esistono e che certamente farete un mondo migliore. E voi risponderete che prof più bravi più buoni più comprensivi non ne potrete mai più trovare, che mai dimenticherete questi anni, che il mondo lo cambierete sì, ma per merito loro. E voi ragazze vi asciugherete una lacrima e i ragazzi si daranno manate sulle spalle per darsi un contegno. E vi guarderete tra voi un po’ persi, e dai che fra qualche giorno tutti di nuovo insieme per gli esami… quegli esami che ora non fanno paura, che vi faranno dormire la notte, che non dovete sperare di capitare seduti con la prima della classe. Quegli esami che, a distanza di anni, Valeria si chiederà ancora come sarebbero stati.
Quale ultimo giorno? Quello di Vincenzo, quinta liceo, che cerca di ricordarsi come è stato quel giorno che non si era presentato come l’ultimo. Si sarà alzato di malavoglia come al solito, avrà preso al volo qualcosa da mangiare sul tavolo della cucina e lo zaino lo avrà riempito più o meno a caso perché era in forte ritardo. Avrà risposto male a Giorgio che è sempre troppo sveglio alla prima ora. Si sarà annoiato a morte nell’ora di latino e avrà trovato una scusa per non essere interrogato in fisica. Non avrebbe mai voluto che teacher Roberts finisse di leggere Whitman. Avrà commentato la partita con Emiliano. Avrà passato gli appunti di Italiano a Luisella, esperta di make up e non di sintassi. E avrà guardato di sottecchi per tutto il tempo Adriana, spergiurando che non poteva fregargliene meno che usciva con Emanuele. E avrà fatto comunque volare con un calcio lo zaino di Emanuele e vattelo a prendere sul cofano, ora. E avrà sgommato con il motorino sorpassando Lucio e arrivato a casa avrà risposto come al solito Niente alla domanda Che avete fatto a scuola? E si sarà steso con sollievo sul divano. Per oggi è finita. E invece era finita e basta.
Patologia: stati leggeri di nostalgia
Terapia: un tè English breakfast per svegliarsi e niente libri, ne abbiamo studiati fin troppo durante l’anno scolastico, ma il film Notte prima degli esami di Fausto Brizzi. Può essere efficace anche l’equivalente di Antonello Venditti.