In questi giorni si è fatto un gran parlare delle rivelazioni di Harry e Meghan nell’intervista ad Oprah Winfrey, in cui i duchi di Sussex spiegano perché hanno voltato le spalle alla famiglia reale. Quando la moglie di origine afroamericana del principe Harry era incinta del primo figlio «a Palazzo c’era chi si chiedeva con preoccupazione quanto sarebbe stata scura la pelle del nascituro, il piccolo Archie».
Tuttavia, negli Stati Uniti, in questi giorni, come ci hanno ricordato Stephen Collinson e Caitlin Hu della CNN, la storia più significativa a proposito di problemi razziali non riguarda la denuncia di Megan Markle. L’episodio più importante sarà il processo a Minneapolis di Derek Chauvin per l’omicidio di George Floyd la cui morte ha suscitato indignazione in tutto il mondo e scatenato la resa dei conti razziale in America.
Il processo metterà alla prova il sistema giudiziario americano che dovrà emettere una sentenza tale da essere considerata universalmente giusta dopo anni di discriminazioni che hanno favorito la polizia in tutti i casi di decessi in cui erano coinvolti afroamericani. Avrà anche enormi conseguenze politiche in un paese che sta cercando di elaborare il significato delle proteste di Black Lives Matter, per non parlare dell’eredità del suo peccato originale. E questo caso è solo uno dei fronti (sia pure di alto valore simbolico) nella battaglia per la giustizia degli afroamericani.
Il caso giudiziario, in apparenza, è molto semplice. Dopotutto, l’anno scorso il mondo intero ha visto i video e le fotografie atroci di Floyd con il ginocchio di un poliziotto sul collo. Allora Chauvin sembrava indifferente alle proteste di Floyd che con un filo di voce ripeteva «Non riesco a respirare» e «Sto per morire». I prosecutors lo hanno accusato di omicidio involontario di secondo grado e di omicidio colposo di secondo grado, ma è probabile che la difesa sostenga che Floyd è morto a causa del fentanyl (un farmaco che viene usato nelle terapie del dolore e che è diventato l’oppioide sintetico più comune nelle morti per overdose) e di patologie preesistenti.
Inoltre, l’ampia risonanza che ha avuto la morte di Floyd renderà la selezione dei giurati un compito molto delicato; senza contare che la composizione razziale della giuria potrebbe influenzare la sua credibilità agli occhi del pubblico.
La sala del tribunale è protetta da recinzioni di cemento e filo spinato piazzati nel centro di Minneapolis e saranno dispiegati migliaia di poliziotti e di soldati della Guardia Nazionale nel caso in cui le proteste dei gruppi in lotta contro il razzismo e dei gruppi di estrema destra diventino violente.
La selezione dei giurati è cominciata ieri. Ma quando il processo entrerà nel vivo, sicuramente riaprirà tutte le ferite non ancora sanate dopo la morte di Floyd. Alla sbarra con Derek Chauvin ci saranno le violenze passate e presenti della polizia contro la comunità afroamericana. Come ha scritto Riccardo Paradisi, sulla Voce di New York, la battaglia per l’anima degli Stati Uniti passa anche da qui.