La Banca Europea per gli Investimenti nasce ufficialmente nel 1958 con il trattato di Roma. Oggi, sotto l’abbreviazione BEI, compare a fianco di altri acronimi come MES e BCE, tutti chiamati a contrastare la grave crisi economica prossima ventura. A differenza però del Meccanismo Europeo di Stabilità (a turno brandito nel discorso politico alla stregua di una clava) e della Banca Centrale Europea (che, sebbene a tentoni, qualcosa di concreto ha già fatto), non cattura grandi attenzioni. Eppure. Eppure dovrebbe, perché cela insperate e utili sorprese. Il suo compito è quello di finanziare gli investimenti per sostenere gli obiettivi politici dell’Unione Europea. E qui sta la prima sorpresa, perché tra tali obiettivi figura esplicitamente la salute dei cittadini europei. Ergo, se la BEI prestasse denaro agli Stati per contrastare una pandemia (da Coronavirus, mettiamo) farebbe nient’altro che il proprio dovere. Non solo. Così recita il l’articolo 198E del Trattato dei Maastricht: la Bei contribuisce a “[…] progetti d’interesse comune per più Stati membri che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere completamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri”. Ossia, se le dimensioni di una crisi sono tali che un Paese da solo non può farcela, intervenire è (anche) compito della BEI.
Quanto al modo con cui si procura il denaro che poi presta, la BEI agisce sul mercato dei capitali ossia, banalmente, chiede denaro a chi è disposto a prestarlo. Detto altrimenti, emette titoli che qualcuno compra. Ora, quei titoli non è poi così importante chiamarli bond. L’importante è che la BEI possa di fatto già emetterli. Ma se gli Stati non riescono ad accordarsi in sede di Eurogruppo o di Consiglio, perché mai dovrebbero farlo all’interno della BEI? E qui c’è l’ultima, e più importante, delle sorprese che questo organismo ci riserva. Perché la BEI è soggetto dotato di autonomia giuridica, e non decide all’unanimità ma a maggioranza dei componenti, che sono uno per Paese più uno nominato dalla Commissione. Ne discende che la maggioranza dei Paesi dell’Unione potrebbe già domani, volendo, annunciare l’emissione di un titolo che contribuisca al contrasto della crisi che è alle viste. Però, appunto, volendo.