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Ce lo chiede l’Europa? No, serve all’Italia

“Non siamo soli”, ma “adesso dipende anche da noi”. Utilizzo questi due passaggi del discorso del Presidente Mattarella in occasione della Festa della Repubblica, per sintetizzare il modo in cui guardare al nostro rapporto con l’Europa.
 
Non siamo soli perché il Recovery Fund proposto dalla Commissione, per dimensione e impianto, ha reso innegabile la volontà di ripartire insieme senza lasciare indietro nessuno. Ciò, però, richiede che le spese dei singoli siano coerenti con gli obiettivi dell’Unione: da qui la necessità per i paesi di presentare alla Commissione un piano di utilizzo delle risorse. È questa la famigerata condizionalità che, in realtà, è sempre stata presente per i fondi europei.
 
D’altra parte, alla solidarietà derivante dall’appartenenza all’UE, si deve accompagnare la responsabilità necessaria a tenerla in vita. Nessuna comunità funziona senza un bilanciamento tra diritti e doveri: è una delle regole basilari della convivenza. Perché mai per l’UE non dovrebbe valere?
 
Eppure, quando si parla di condizionalità, il dibattito italiano è impostato sull’idea che si possa avere la botte piena e la moglie ubriaca. Anziché rifiutare in assoluto la condizionalità, è più utile accettarne la necessità e vedere in che modo può diventare vantaggiosa per noi.
 
Il “dipende anche da noi” di Mattarella, allora, va visto anche come una richiesta alle classi dirigenti – forze politiche e media anzitutto – di superare l’idea che vi sia una contrapposizione tra Italia ed Europa. Dopo decenni di de-responsabilizzazione dovuta al vincolo esterno, serve un’assunzione di responsabilità che capovolga la prospettiva: dal “ce lo chiede l’Europa” al “serve all’Italia.” Un cambio di mentalità necessario per trasformare in crescita economica le risorse che arriveranno.
 
E che cosa serve all’Italia? Leggendo le raccomandazioni dell’UE troviamo, ad esempio, una giustizia più efficiente, una sanità più forte, una protezione sociale più adatta ai lavori atipici, un debito pubblico più sostenibile, investimenti in capitale umano, nel digitale e per un’economia verde. Si può essere in disaccordo? Difficile, se si ha a cuore il futuro del Paese.
 
Sarà sulla destinazione delle risorse verso questi obiettivi che la Commissione valuterà il nostro piano di ripresa nell’ambito del Recovery Fund. La più grande chance di rinnovamento degli ultimi decenni richiederà tutte le migliori energie e competenze, presenti nelle classi dirigenti del Paese a livello trasversale. Su questo dobbiamo concentrarci; non perdere tempo alimentando un inutile antagonismo con l’Europa.   

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