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Recovery Fund, 4 C per un’Europa comunitaria

4 C: convergenza, crescita, condizionalità, comunità. Da esse dipende il futuro dell’Europa. Lo snodo di oggi, con il voto del Parlamento europeo sul nuovo budget e sul Recovery Fund, lo rende ancora più chiaro. Sin da subito era prevedibile che la pandemia non avrebbe avuto lo stesso impatto per tutti. All’UE, nonostante innegabili passi avanti fatti in queste settimane, mancano strumenti strutturali di riduzione delle disparità tra economie. Lo stesso Commissario Gentiloni ha lanciato l’allarme sui rischi di una ripresa senza convergenza. Purtroppo per noi, infatti, non solo la contrazione del PIL italiano sarà tra le più dure, ma saremo anche i più lenti a recuperare terreno.

Crescita e convergenza insieme, dunque, per ripartire in maniera coordinata ed evitare che eccessivi squilibri si traducano in interessi politici troppo distanti per restare insieme. È per questo che i dettagli del Recovery Fund sono essenziali. Ogni scelta su entità, metodo di raccolta dei fondi, tempistiche di attivazione, criteri di allocazione agli Stati, rapporto con il budget europeo e governance avrà implicazioni sulle chance di ripresa e convergenza. Riassumo tutto ciò nella terza C: condizionalità.

Esistono due approcci. Il primo, negativo, evidenzia la responsabilità individuale attraverso un legame debitorio, mettendo in luce il rischio che gli obiettivi non siano raggiunti. Il secondo, positivo, pone l’accento sulla responsabilità collettiva di stabilire criteri efficaci per raggiungere obiettivi comuni.
Prediligere il secondo significa passare dal taboo della mutualizzazione del debito alla mutualizzazione della spesa. Ciò è possibile perché i Trattati permettono all’UE di spendere direttamente le risorse per investimenti in beni pubblici europei. Sarebbe un cambio di mentalità storico, che vedrebbe nel Recovery Fund un primo embrione di tesoro comunitario.

Più si sposta l’attenzione dal debito individuale alla spesa collettiva, maggiore è la necessità di una gestione europea e non nazionale. In Italia anziché rifiutare il concetto di condizionalità tout court sarebbe più utile riflettere strategicamente sul tipo di condizionalità migliore. Quale? Senza dubbio quella che rende l’Europa una comunità dove nessuno resta indietro. Tradotto: gestione della Commissione e decisioni condivise con il Consiglio e il Parlamento. Una concezione d’Europa a cui, con la Risoluzione di oggi, il Parlamento ha detto sì. Ora la palla passa alla Commissione e, soprattutto, agli Stati membri.

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