Sono seduto come sempre sulla mia sedia, una sera di quattro anni fa, sto seguendo il Festival di Sanremo, cosa che in verità non faccio sempre, ma questa sera mio fratello è seduto vicino a me e ho deciso di seguirlo. Per una delle migliaia di coincidenze casuali che costellano la mia vita, sento Carlo Conti presentare un’ospite d’onore, vedo entrare sul palcoscenico una sedia a rotelle, cosa che, per esperienza attira l’attenzione di chi guarda e suscita commozione, ancor prima di sapere chi ci sta seduto sopra. Io attendo di conoscere l’uomo, percepisco l’enorme fatica, fisica e psicologica, che deve sopportare ogni giorno della sua vita. Quando comincia a parlare sento come se una enorme lastra di vetro si infrangesse all’improvviso colpita dalla forza dirompente del coraggio che dimostra nel voler esprimere il suo pensiero, anche a costo di sforzi indicibili. Vorrebbe esprimere gioia di vita per la felicità che la sua arte gli dà, ma il suo corpo cerca di trattenere un’esagerata esuberanza, e questo susciterà pietà. Sono sicuro che ha lottato con tutte le forze per non far nascere questo sentimento, ma purtroppo è come la gramigna, infesta questo tipo di rapporti umani. La mia non è mancanza di sensibilità ma so, per esperienza, che la pietà ha la forza di mettere, e tenerglielo, all’angolo, il beneficiario.
Ezio era un bravissimo musicista e compositore, conosciuto negli ambienti musicali, ma quando è stato invitato come ospite d’onore? Purtroppo il mondo dell’informazione vive di se stesso, di immagini eclatanti, degli “eroi del momento” e questo non fa onore a chi ce la mette tutta per non smettere di respirare.