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La solitudine del covid: bastano gli occhi per dire “fermati, stiamo vicini”

Tutto resta sospeso. Ogni giorno apro gli occhi e faccio un profondo respiro (due delle poche cose per le quali non ho bisogno di aiuto!) e qui finiscono le certezze, tutto il resto dipende da dati, bollettini, curve. E dire che fino a solo pochi mesi fa le uniche curve che mi interessavano erano altre! Oggi sono ossessionato dall’aumento delle curve dei contagi, in quanto da questi numeri dipende il grado di libertà che ci sarà concesso.

Eppure, basterebbe seguire poche semplici regole. L’errore sta nel pensare che a non seguirle siano “gli altri”, questa generica massa indistinta, senza farsi assalire dal dubbio che questi ”altri” altro non è che noi. Intanto dei comportamenti superficiali dobbiamo subirne le conseguenze. Magari questa condizione avrà pure un lato positivo, come dice un mio amico, ma intanto la nostra libertà ne risente.

Io amo passeggiare all’aria aperta con il sole in faccia, mi piace osservare le espressioni della gente che incrocio per strada. Tutto questo, per il momento, resta sospeso. Manca anche la certezza della quantità di tempo che ancora dovrà trascorrere per arrivare alla parola “fine”.

Sarà che sono particolarmente sensibile! Fatto sta che uno dei miei pensieri più ricorrenti va a chi affronta questa incertezza da solo, a chi sa di non trovare a casa una mano che lo sorregga. Mi chiedo anche cosa potrebbe mettere fine a questa solitudine. Forse basterebbe la richiesta di un abbraccio, che neanche una mascherina può nascondere, perché gli occhi bastano per gridare “fermati, stiamo vicini”.

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